Nel Porto di Ravenna il 4 febbraio scorso è stato sequestrato un carico di 14 tonnellate di componenti per armi. Il carico proveniva da una ditta di Lecco e doveva essere trasportato in Israele, ma è stato bloccato nell’area portuale poiché l’azienda produttrice non disponeva dell’autorizzazione a esportare materiale bellico ai sensi della Legge 9 luglio 1990, n. 185, “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.
Ora un gruppo di associazione ha scritto all’Autorità Portuale per chiedere maggiori controlli sulle spedizioni che attraversano il porto di Ravenna:
“L’autorizzazione non avrebbe potuto essere rilasciata, proprio ai sensi della legge citata, stante lo stato di belligeranza di Israele e le sue gravissime violazioni dei diritti umani.
Pochi giorni fa il Tribunale del Riesame ha convalidato il sequestro rigettando il ricorso dell’azienda, ribadendo che si trattava di carichi militari (pezzi di cannone) e che l’azienda non poteva non sapere”.
Asseriscono le organizzazioni ravennati aderenti ai “Fari di Pace” promossi da Pax Christi e the Weapon Watch:
ANPI, ARCI, Auser, BDS, Casa delle donne, CGIL, Comitato per il ritiro di ogni Autonomia
Differenziata, Comitato in difesa della Costituzione, Dalla parte dei minori, Donne in Nero,
Femminile Maschile Plurale, Gruppo Emergency Ravenna, Il terzo mondo ODV, Legambiente, Libera e UDI.


























































