“Riguardo alle torri Hamon (…), la loro presenza va a caratterizzare lo sky-line della città vista dalla stazione verso il mare e verso le aree d’espansione industriale degli anni Cinquanta e nell’insieme gli stessi manufatti vanno definire un’idea di paesaggio. Le torri hanno inoltre valore plastico e scultoreo che bene si adatterebbe ad ospitare allestimenti d’arte, anche nel loro suggestivo interno illuminato dall’alto, caratterizzante quindi le stesse previsioni di piano per la localizzazione sulle sponde destra del “Parco delle Arti””. Così, in giugno 2013, scriveva al Comune di Ravenna nell’ambito del POC Darsena la Soprintendenza di Ravenna tramite la funzionaria Valeria Bucchignani e la Soprintendente Antonella Ranaldi.

Chi le ha viste all’interno, sa che parliamo di spazi inimmaginabili e mozzafiato, di una bellezza che lascia attoniti per l’imponente maestosità e la perfezione della forma ad iperboloide, definita da una superficie di blocchi armati di soli 30 cm di spessore che svetta fino all’altezza di 55 metri. Alcuni narrano di essere entrati con strumenti musicali, e di aver suonato con risultati straordinari. Altri hanno scattato immagini indimenticabili. E in effetti l’acustica è strepitosa. Un occhio aperto verso il cielo che le rende simili ad un Pantheon della contemporaneità, o alla visione dell’aldilà dell’“Ascesa all’Empireo”, opera dei primi del cinquecento attribuita a Hieronymous Bosch. Servivano per raffreddare, tramite tiraggio naturale, enormi quantità d’acqua ad alta temperatura provenienti dagli impianti: nulla di inquinante, quindi, diversamente dai veleni che circolavano nella raffineria interamente demolita. Per anni cittadini e studiosi si sono mobilitati per chiederne la tutela ed il recupero. Si ricordano parole appassionate di Cristina Mazzavillani Muti. Ora, amministratori provenienti da altri luoghi come i barbari dell’antichità, senza alcun plausibile progetto che giustifichi questa scelleratezza, propongono l’abbattimento. L’Autorità di Sistema Portuale di Ravenna acquista da ENI con fondi pubblici i terreni ex SAROM per 7.808.000 euro, e nel contempo ENI avrebbe comunicato l’inizio lavori per la demolizione. ENI, con utili di svariati miliardi che tanto continua a prendere da Ravenna, emain sponsor del Ravenna Festival.

Tutto questo è inaccettabile. Come è inaccettabile che il sindaco, per liquidare la faccenda, alludaad memoriam alle immagini del film di Antonioni Deserto Rosso, che invece ritraggono una torre già demolita nell’ex ANIC, e non quelle della SAROM. Uno dei sindaci più insensibili e spregiudicati verso il territorio da amministrare che la nostra città abbia mai ospitato. Altrove, strutture del genere sono state recuperate, come a Marghera per l’ex Vetrocoke, ora Venezia Heritage Tower, luogo di eventi culturali e spettacoli, oppure il quartier generale della Pirelli alla Bicocca a Milano, dove una torreè stata mantenuta realizzando attorno uffici, sale riunioni collegate da passerelle aeree, auditorium da 350 posti ed un eliporto.

 “Il magnamagna del finto green”, come ha commentato qualcuno? Cosa disturba la coesistenza di un banale per quanto esteso impianto fotovoltaico con le torri? La signora Muti adesso cosa dice? E tutti gli ettari di bosco che si sono formati attorno alle torri in questi anni di abbandono? Ma a Ravenna le ruspe sono sempre molto gradite quando si tratta di rimuovere patrimoni culturali collettivi, come ad esempio sta accadendo per i capanni balneari storici, forse certi che i cittadini poco informati dimentichino in fretta e si voltino dall’altra parte. Ma ci potrebbe essere di più: le torri, da quanto risulta, sono state costruite nel 1950, quindi, avendo più di 70 anni, potrebbero già divenire un bene storico-culturale. Inoltre, essendo, come sembra, già dell’AdSP, il vincolo sussisterebbe in automatico, salvo diverso pronunciamento della Soprintendenza. Come per la questione capanni. Perché tutta questa fretta?

Italia Nostra invia richiesta urgente alla Soprintendenza di Ravenna affinché esprima un parere su questo scellerato progetto di demolizione che assesta un nuovo gravissimo colpo ad una riqualificazione del porto ex industriale di respiro europeo e degna di una città, e chiede verifica sia sulla possibilità di dichiarazione dell’interesse culturale che della sussistenza del vincolo ope legis. La richiesta è stata inviata in conoscenza anche alla Procura di Ravenna. Invia inoltre richiesta al Comune di Ravenna circa le presunte condizioni critiche dei manufatti. Se le perizie sono simili a quelle che consentirono la distruzione dell’ultimo trasbordatore di banchina presso l’attuale “Darsenale” in un weekend di luglio del 2015, c’è poco da stare tranquilli. Da quanto si sapeva, almeno la torre più ad ovest era in condizioni ancora buone. Basta azzeramento della cultura e della memoria a Ravenna, basta ruspe e tritolo, almeno una torre Hamon sia salvata!

Italia Nostra sezione di Ravenna