“Cosa è più urgente? Salvare vite, liberare dal fango, ricostruire argini e ripartire o fare affari con i rigassificatori? Non è stato messo tutto questo in un unico decreto urgente, come annunciato ufficialmente a seguito di una riunione del Consiglio dei Ministri svoltasi oltre una settimana fa. Quella riunione durante la quale la Presidente del Consiglio annunciava trionfalmente di aver recuperato «2 miliardi di euro in 72 ore» rientrando apposta dal G7 giapponese. Aveva destato perplessità il fatto di aver inserito in un decreto sull’emergenza alluvione, provocata dagli eventi climatici indotti dalle emissioni di gas serra, tra cui il gas metano, una noterella proprio per rendere più facili, in futuro, impianti di rigassificazione. Così il comunicato della Presidenza del Consiglio del 23 maggio:
«Infine, si semplifica la disciplina in materia di realizzazione di nuova capacità di rigassificazione nazionale e si qualificano come opere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, quelle a ciò finalizzate mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione».
Invece le cose sono andate diversamente. Titolava il Fatto Quotidiano del 29 maggio: «Alluvione, decreto sparito dai radar: 2 miliardi di aiuti ancora bloccati». Però lo stesso giorno venivano pubblicate sulla Gazzetta (GURI n.124 del 29 maggio 2023) le misure sui rigassificatori che, però, finivano per essere inserite in un diverso decreto da quello sull’alluvione ancora in attesa di pubblicazione. Un decreto, il DL 57/2023, con al centro un tema ben diverso (l’attuazione del PNRR) e di cui però le norme su «Integrazioni della disciplina in materia di realizzazione di nuove capacità di rigassificazione» (articolo 3), in vigore da ieri, finiscono per fare la parte del leone.
Cosa dicono queste norme e perché sono tanto urgenti? Vanno ricordate sul tema un paio di cosette che riguardano Ravenna ma partono da Piombino perché, come abbiamo detto più volte, la politica di rigassificazione lega assieme tra loro luoghi diversi e anche lontani. E proprio per questo abbiamo unito le lotte mettendole in rete: l’11 marzo abbiamo manifestato per le vie di Piombino, il 15 aprile la protesta si è trasferita a Cagliari e lo scorso 6 maggio da tutta Italia si sono uniti alla nostra marcia a Ravenna. E allora va ricordato che il prossimo 26 giugno scadrà il termine accordato a SNAM dal Commissario toscano, il Presidente piddino della Regione, per presentare il progetto di ricollocazione del rigassificatore già arrivato a Piombino. Che è stato sì autorizzato ad operare ma con limite ravvicinato rispetto al quarto di secolo previsto per Ravenna e poi se ne dovrà andare. Dove? Giani dopo aver parlato con SNAM aveva lasciato intendere che sarebbe stato ricollocato a Ravenna. Seguirono imbarazzate smentite da SNAM, proteste senza alzare la voce da parte di de Pascale (per non essere stato informato prima). Alla fine, comunque, SNAM, nella persona dell’amministratore delegato, ha confermato che non ci saranno slittamenti rispetto alla data termine del 26 giugno (che già era frutto di proroghe successive accordate dal Commissario) e che «il futuro della Golar Tundra, tra due anni e mezzo, sarà lontano dalla Toscana». Tale termine, poi, potrebbe essere ulteriormente abbreviato in quanto, pochi giorni dopo la scadenza imposta a SNAM, si terrà l’udienza del TAR Lazio che, il 5 luglio, dovrà decidere sulla legittimità dell’autorizzazione rilasciata alla Golar Tundra per rimanere nel porto toscano.
Tra fine giugno e primi di luglio, dunque, si dovrebbe avere conferma che in un arco temporale compreso tra pochi mesi (minimo) e due anni e mezzo (massimo) davanti alle spiagge turistiche di Marina e Punta si intendono piazzare non una ma ben due navi rigassificatrici: la Golar Tundra (da Piombino) e la SW Singapore (già autorizzata per Ravenna). Si capisce perciò la fretta del Governo (a cui, lacrimucce di coccodrillo a parte, dell’alluvione importa meno del cosiddetto piano Mattei) di emanare le nuove norme per risolvere il problema. Soluzione ancora una volta emergenziale che chiama in causa il sistema di commissariamento. E basta leggere il contenuto del decreto per capire che si sta parlando dell’incarico a Bonaccini (commissario e presidente piddino della nostra Regione) di autorizzare con tutta l’urgenza del caso, saltando ogni “noiosa” procedura di sicurezza, la Golar Tundra ad operare a fianco della SW Singapore mantenendo l’autorizzazione in capo a SNAM per un altro quarto di secolo.
Ravenna in Comune ha già manifestato la contrarietà ad uno, due o più rigassificatori per una lunga serie di motivi che va dalla mancata sicurezza per gli abitati, al sicuro danno all’ecosistema, all’altrettanto continua spinta al cambiamento climatico, eccetera eccetera. Continueremo dunque a dare il nostro contributo come abbiamo sin qui fatto alla protesta numericamente crescente e per sollecitare l’implementazione di quelle energie rinnovabili di cui, deliberatamente, si rallenta la realizzazione. Ci preme con l’occasione tuttavia ricordare che, se da parte del Governo si dà per scontata la collocazione a Ravenna del rigassificatore “di Piombino”, ne porta responsabilità sia il centrodestra che il centrosinistra locali che in un clima di “amorevole concordia” hanno abbracciato la linea politica del Sindaco de Pascale. Una linea politica che ha ribaltato la decisione istituzionale precedentemente assunta (nel 2008) di respingere al mittente la realizzazione di impianti di rigassificazione pur in assenza di mandato popolare che tale ribaltone consentisse. Chi è contrario a rendere Ravenna il luogo dove è possibile si realizzi «l’incidente più catastrofico immaginabile fra tutte le fonti energetiche» (parole di Piero Angela) oggi non è rappresentato in Consiglio Comunale ma deve contare sui singoli, le forze politiche e le associazioni raccolte attorno alla Campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile tra cui sin dall’inizio si è posta Ravenna in Comune.”