Sebbene il numero assoluto di infortuni accertati nel 2020 siano notevolmente in calo, sappiamo che tale diminuzione è dovuta purtroppo esclusivamente ai mesi di chiusura obbligati dalla pandemia – afferma Francesco Marinelli, segretario generale CISL Romagna -. Infatti, analizzando i dati è evidente come la Romagna continui a registrare livelli di infortuni più alti sia rispetto alle altre province emiliano romagnole sia rispetto al dato nazionale”. 

In base allo studio condotto da CISL Romagna relativamente ai dati sugli infortuni accertati pubblicati da Inail per l’anno 2020, la provincia di Ravenna migliora il suo indice di rischio rispetto allo scorso anno, passando dal secondo al quarto posto in regione con 3687 infortuni accettati, a parimerito con Rimini che ne registra 3018. Forlì-Cesena registra il risultato peggiore ed è al terzo posto in Regione con 4134 infortuni accertati nel 2020. 

Il dato romagnolo è peggiore se si guarda la media nazionale: mentre in Italia l’indice di rischio infortunio è del 1,6 ogni 100 lavoratori, in Romagna il rischio sale arrivando al 2,1 ogni 100 lavoratori.

Lo scopo del nostro studio che prosegue ormai da 4 anni – sottolinea Marinelli – è di analizzare la sicurezza sul lavoro nei nostri territori e mantenere alta l’allerta sul tema, cercando di spronare attività di controllo e di attenzione sui temi della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

INFORTUNI ACCERTATI SUL LAVORO
Ci siamo concentrati sull’indice di rischio, dato dal rapporto tra infortuni accertati sul posto di lavoro e numero di lavoratori, con il quale è possibile fare un paragone rispetto agli anni precedenti e tra diverse province, che hanno subito le medesime chiusure oltre che rispetto al dato nazionale.

Analizzando i dati possiamo dire che la provincia di Ravenna registra un indice di rischio infortuni di 2,1 ogni 100 lavoratori, classificandosi al quarto posto in Regione insieme a Rimini, migliorando rispetto al 2019 quando aveva registrato un rischio di 2,7.

Gli infortuni in Romagna riguardano al 59% uomini e sono si registrano soprattutto nel settore manifattura e commercio.

Compresi in questi dati sono anche gli infortuni Covid, 2368 nel 2020 in Romagna (943 a Rimini, 681 a Forlì-Cesena e 744 a Ravenna), che hanno riguardato principalmente donne poiché concentrati in gran parte nei settori a maggior occupazione femminile, cioè la sanità e l’assistenza sociale.

MORTI SUL LAVORO: Romagna meglio dell’Emilia
Anche su questo dato CISL Romagna ha elaborato un indice di rischio che mette in relazione il numero di infortuni mortali con il numero di lavoratori presenti in ogni provincia. Purtroppo, benché per diversi mesi le aziende siano state chiuse, lo scorso anno sono state 14 le persone ad aver perso la vita sul lavoro, 2 in più rispetto al 2019, 5 delle quali causate dal Covid (2 a Rimini, 3 nella provincia di Ravenna e nessuno a Forlì Cesena).

Il rischio di avere infortuni mortali in Romagna rimane più basso rispetto alla media regionale e nazionale, che registrano rispettivamente 3,1 infortuni ogni 100 mila lavoratori e 3,4 il dato nazionale, mentre si ferma a 2,8 in Romagna.

PRIMI SETTE MESI DEL 2021
Non sono confortanti i primi dati del 2021. Analizzando infatti i primi sette mesi di quest’anno si evince che in tutte le provincie romagnole c’è un aumento degli infortuni: Forlì-Cesena 3883 infortuni nel periodo gennaio-luglio 2021 contro i 3444 dello stesso periodo del 2020; Ravenna 3511 contro i 3048 e Rimini 2491 contro i 2218.

CONCLUSIONI
“Sappiamo bene – chiarisce Marinelli – che quella degli infortuni è una “guerra silenziosa” perché purtroppo non sempre gli infortuni rientrano nelle statistiche Inail perché non vengono denunciati.

“Il Decreto Fiscale approvato il 15 ottobre scorso dal Consiglio dei Ministri, al Titolo III, ha introdotto diversi provvedimenti a nostro avviso positivi che incentiveranno e semplificheranno l’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e permetteranno di avere un maggiore coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle norme”.

Sono ad esempio previste assunzioni di 1024 ispettori, con un investimento in tecnologie di 3,7 milioni, e 660 unità in più di carabinieri dedicati all’attività di vigilanza su salute e sicurezza sul lavoro.

“Il Decreto inoltre prevede un ampliamento e una maggiore condivisione dei dati forniti dal Sistema Informativo nazionale e tutti gli organi di vigilanza saranno tenuti ad alimentare un’apposita sezione della banca dati, dedicata alle sanzioni applicate nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei luoghi di lavoro. L’INAIL invece dovrà rendere disponibili alle Aziende sanitarie locali e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate e agli infortuni denunciati”.

A nostro avviso positivo è anche l’inasprimento delle sanzioni previste per le aziende che non rispettano le normative sulla sicurezza: sono state dimezzate le soglie per poter procedere alla sospensione dell’attività lavorativa, sia in caso di riscontro di lavoratori irregolari (dal 20% al 10%) sia in presenza di gravi violazioni delle norme e non è più richiesta alcuna ‘recidiva’ ai fini della adozione del provvedimento, che quindi scatterà subito a fronte di gravi violazioni. Inoltre l’impresa destinataria del provvedimento non potrà aver contatti con la pubblica amministrazione per tutto il periodo di sospensione e per poter riprendere l’attività produttiva sarà necessario non soltanto il ripristino delle regolari condizioni di lavoro, ma anche il pagamento di una somma aggiuntiva il cui importo è raddoppiato se, nei cinque anni precedenti, la stessa impresa ha già avuto un provvedimento di sospensione.

“Fondamentale sarà anche il ruolo delle imprese- conclude il Segretario Generale Cisl Romagna Francesco Marinelli– perché occorre creare nelle aziende una vera cultura della sicurezza con un maggiore coinvolgimento dei lavoratori, in modo che i momenti formativi che non siano solo un obbligo di legge, ma un percorso di crescita professionale. Troppi sono stati gli infortuni avvenuti anche sul nostro territorio nei mesi scorsi, spesso dovuti alla mancanza di protezione e di formazione o per un tentativo di risparmiare e questo non deve più essere possibile”.

E’ necessaria una strategia nazionale su salute e sicurezza sul lavoro, che da sempre manca in Italia. Continueremo ad adoperarci affinché sia garantita ad ogni lavoratrice e lavoratore, regolarità sul piano contrattuale, legalità, rispetto e centralità della persona e adeguata organizzazione del lavoro, agendo sui diversi piani di intervento, in tutti i settori e attraverso l’impegno diversificato, sul livello nazionale, nei territori e in ogni realtà lavorativa per fermare la strage sui luoghi di lavoro.