Da almeno una decina di giorni, i cittadini in visita al cimitero di Ravenna, spesso provenendo da fuori, i resti dei cui cari sono sotterrati nell’ossario comune, se ne trovano improvvisamente sbarrata la scalinata di accesso, senza ne sia stata data informazione pubblica, tanto meno delle cause e dei tempi di riapertura.

Il regolamento italiano di polizia mortuaria dispone che ogni cimitero debba avere questo genere di manufatti, destinati generalmente a raccogliere le ossa provenienti dalle sepolture in terra non richieste dai familiari per altra destinazione. Costruito in modo che le ossa siano sottratte alla vista del pubblico, di solito è un pozzo o un vano sotterraneo.

L’ossario del cimitero di Ravenna è un pregevole monumento, posto di fronte all’ingresso centrale di via Baiona, come l’ingresso al cimitero monumentale, risalente al 1817, è situato al centro del fronte opposto, di lato al canale Candiano. Se ne direbbe una “dependance”, ricalcandone perfettamente le linee architettoniche e armoniche ispirate alle Certose dell’epoca risorgimentale, soprattutto lombarde.

Voci non confermate addebitano la disposizione di chiusura al pericolo di un possibile cedimento della pavimentazione, testimoniato in effetti dalle quattro foto allegate (scattate a rischio di prematura e diretta sepoltura dell’autore), comprese due disdicevoli rappezzature. Non è un bel segno di cura da parte del Comune e di attenzione da parte di Azimut spa, attuale gestore dei cimiteri. Verrebbe da pensare che la gratuità di questo servizio, dovuta non certo alla generosità dell’amministrazione comunale, viceversa esosa su qualsiasi servizio cimiteriale a pagamento, bensì a norma di legge, meriti di abbandonare a se stesso un monumento di così alto valore culturale e simbolico. Se è vero infatti che Tullo Ginanni Corradini, il primo sindaco radical-progressista di Ravenna, in carica a fine ottocento, volendo per sé un’umile sepoltura in terra, fece scrivere sulla sua lapide: “Tutti gli uomini sono uguali, anzitutto di fronte alla morte” (come scrisse il sindaco Mercatali il primo 2 novembre del secondo millennio), allora la sepoltura collettiva in ossario comune è la più uguale di tutte, oltreché la più democratica.

Si giustifica dunque chiedere all’ultimo sindaco “progressista” in carica come giustifichi la chiusura inspiegata dell’ossario, nonché se e come intenda farvi fronte almeno dignitosamente.

Non chiudere la pietà

Sul sito internet del settore funerario italiano si legge che: “Sulla botola dell’ossario è possibile collocare fiori, oggetti votivi per il legittimo esercizio delle pratiche di pietas e devozione. L’ossario è, alla fine, una sepoltura collettiva: dopo tutto è pur sempre una tomba, ancorché anonima, ed il nostro ordinamento di polizia mortuaria consente sempre gesti di pietà e venerazione verso i defunti assimilabili al diritto secondario di sepolcro”. Così è stato fino a dieci giorni fa, giacché se pochi richiedono in vita di avervi la destinazione finale e pochi familiari viventi lo dispongano per i propria morti, nella stragrande maggioranza si tratta di defunti che non hanno più nessuno al mondo (ultimi degli ultimi) o che finiscono in ossario senza che i familiari ne abbiano, al termine del diritto di sepoltura in terra, notizia, o comunque involontariamente. Così fu per mio padre, una ferita mai rimarginata per mia madre, che, essendo analfabeta (come lui) non poté leggere il cartello di preavviso esposto su quel campo, dove si recava in visita ogni domenica. La sua foto resiste da allora su una colonna dell’ossario. Non le era mai mancato un fiore vero.

Molte visitatori del cimitero, oltre a quelli che hanno lì propri cari, non mancano di salire la scalinata dell’ossario per un gesto di pietà verso i morti, che esso rappresenta tutti. Per questo è la tomba più visitata in assoluto, a cui i fiori freschi non mancano mai.

La proposta sarebbe che, perdurandone la chiusura, Azimut disponga, a lato della scalinata, sopra un vano provvisorio, alcuni vasi da poco prezzo, anche usati o rimossi da altrove per essere gettati, a cui non mancherebbero mai acqua e fiori. Cosa ne pensa il sindaco?