In un tempo in cui le cronache scolastiche somigliano sempre più a un reality a tema “Sopravvivere al sistema”, tra lamentele, malcontenti e genitori che sfiorano il burnout emotivo, l’Istituto Alberghiero Artusi decide di cambiare menu. E lo fa con stile, competenza e un ingrediente segreto: un’inclusione che non è slogan, ma sostanza.
No, non vogliamo parlarvi solo di soufflé che non si sgonfiano o di mise en place da manuale. Questa è una storia che profuma di futuro, dove l’eccellenza non è un trofeo da esibire in vetrina, ma un piatto cucinato a fuoco lento, con cura, passione e attenzione per ogni singolo commensale.
All’Artusi si crede che l’inclusione non sia un contorno, ma il cuore della portata principale. Non c’è selezione darwiniana tra i banchi: qui nessuno resta indietro, nemmeno quando il ritmo è serrato e la didattica si fa impegnativa. Anzi, è proprio lì che si vede la mano del professionista: quando il piatto è complesso ma tutti riescono a gustarlo.
C’è un segreto nella ricetta dell’Artusi: la responsabilità condivisa. Non è solo l’insegnante di sostegno a conoscere gli “ingredienti” giusti per gli studenti con DSA o quelli tutelati dalla Legge 104. Anche i docenti delle materie curricolari – quelli delle pentole, delle formule, dei verbi e dei vini – sanno usare gli strumenti giusti. Nessuna improvvisazione, solo una brigata ben affiatata, dove ogni professore suona la sua parte con competenza e consapevolezza.
E non è tutto. Mentre altrove il bollettino scolastico suona come un requiem di segnalazioni e reclami, qui arriva una lettera. Una mamma, una di quelle che hanno vissuto il viaggio scolastico con ansia, speranze e mille domande, scrive per dire “grazie”. Lo fa spontaneamente, senza sollecitazioni, senza cerimonie. E quel “grazie” pesa più di mille dati INVALSI: è la prova che il modello funziona.
Perché alla fine, educare non è solo istruire. È accogliere, capire, accompagnare. E in questo, l’Istituto Alberghiero Artusi è un esempio da portare in tavola. A testa alta.
Vogliamo condividere le parole di questa mamma non per appuntarci una medaglia al petto, ma perché crediamo che il suo messaggio vada diffuso come lievito buono: per dimostrare, una volta per tutte, che una scuola davvero inclusiva non solo è possibile — è doverosa. Ovunque.
“Buongiorno a tutti.
Venerdì sono rimasta molto, (e piacevolmente), sorpresa, quando la prof.ssa Tamara Minzoni mi ha inviato il video della festa che avete fatto ad Erik.
E’ stato un gesto bellissimo, addirittura con l’inno Nazionale e col Preside che ha consegnato un riconoscimento fatto su misura…non ho parole.
Non per il risultato di E., ma per quanta umanità e gentilezza abbiamo trovato nel nostro lungo percorso scolastico.
Questo successo sportivo ha combaciato con la fine della scuola. Questa piccola festa che gli avete organizzato è stata davvero un coronamento bellissimo, un modo per salutare professori, amici e compagni, un momento del quale E. si ricorderà per sempre.
Non so dirvi quanto noi genitori siamo commossi e colpiti, nonché felici, di vedere nostro figlio benvoluto, accettato e inserito tra i compagni e a scuola in generale.
Di questa esperienza io parlerò molto, perché è davvero estremamente importante che questi ragazzi, e tutte le persone con disabilità, si sentano sempre più parte di questo mondo, e sempre meno emarginati.
Noi siamo stati molto fortunati ad incontrare sempre persone sensibili a questo argomento, e nonostante “lacune” e problemi nel nostro sistema scolastico, le persone come voi hanno fatto la differenza.
Pertanto io ringrazio di cuore il Signor Preside Stefano Rotondi, tutto il consiglio di classe della 5B, nel quale comprendo tutti gli insegnanti di sostegno e gli educatori, allargandomi a tutti quanti, dal primo all’ultimo anno delle superiori.
Per la pazienza e competenza nonché dolcezza, grazie a Tamara Minzoni e Valentina Daugello, che non solo hanno seguito E., ma più che altro me, che non ero proprio sempre “sul pezzo”…
Grazie ai professori TUTTI, non li elencherò per nome, ma sappiate che ad E. avete dato tantissimo, specie chi con lui è potuto restare per tutti o quasi, i cinque anni. La continuità è stata molto d’aiuto. Grazie alla prof. Antonella Preti che è stata sempre presente, a Katia Sangiorgi e la passione che mette in quello che fa, alla prof. Emiliani che è stata speciale, le prof.sse Francesca Spighi, Sara Marani e Cristiana Cavina, la prof. Ossani, la prof. Corrada Di Rosa, Alice Zeffiri…scusate se non li nomino tutti.
INFINE, grazie agli amici e i compagni di classe, che non leggono questa lettera, ma ai quali voglio far sapere che la cosa forse più importante per E. nella sua crescita personale, nel suo sentirsi accettato e nel “darsi un’identità”, sono stati proprio loro.
Ci saranno ragazzi e ragazze come E., e i loro genitori, in futuro, che si sentiranno dire: “Tuo figlio ha la sindrome di Down? Non preoccuparti…io ero in classe con un ragazzo così…sono dolcissimi e simpatici, gli volevano tutti bene”.
Per un genitore, credetemi, vuol dire il mondo. GRAZIE A TUTTI
La mamma di E., T.G.


























































