Quasi una donna su cinque tra i 18 e i 49 anni non lavora più dopo la nascita di un figlio. Sono solo il 43,6% quelle che continuano a lavorare. La maggior parte lascia perché non riesce a conciliare lavoro e cura dei figli (52%). Il dato è nazionale, ed è riferito alle ultime statistiche dell’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (l’ex Isfol). L’Emilia-Romagna in questa particolarissima statistica è in media e le donne interrompono il rapporto di lavoro con percentuali doppie rispetto ai padri. Anche nella nostra regione per le donne che hanno un figlio, alcune migliaia ogni anno, è più difficile tornare a lavorare e, chi continua, si ritrova minori prospettive di carriera rispetto ai colleghi uomini”: l’analisi è di Tullia Bevilacqua, segretario regionale di Ugl Emilia-Romagna.

Ogni 8 marzo è doloroso tracciare una quadro che, ogni anno, penalizza le donne. Ed è persino inutile riproporre i dati sul gender gap, la difficoltà nell’accesso ed il divario salariale e di carriera tra i due sessi. E non consola il fatto che in tutti i Paesi dell’Unione Europea si registri un’umiliante condizione di disparità tra uomini e donne. In Italia è peggio. L’Italia è fanalino di coda nelle politiche di parità di genere in Europa. E nel nostro Paese c’è un’ulteriore divaricazione, quella tra Nord e Sud. Nel Meridione e nelle isole il dato delle donne che continuano a lavorare dopo un figlio crolla al 29%. Dunque, la situazione complessivamente è grave”: continua Tullia Bevilacqua.

Come sindacato siamo impegnati da sempre per eliminare questa discriminazione che pesa come un macigno nella qualità della vita delle nostre famiglie. Perché in ognuna delle nostre famiglie c’è una donna che è tata discriminata o a cui è stato limitato l’accesso nel mondo del lavoro. Il tema oggi, in particolare, è la conciliazione dei tempi in famiglia e in azienda. Difficile, per le donne, fare i conti con le sfide del mercato del lavoro e le attività di cura e sostegno della famiglia, dei figli, dei genitori. E il divario di genere è anche in termini di lavoro domestico-familiare non retribuito”: ricorda il segretario di Ugl Emilia-Romagna.

Il sindacato ritiene che conciliare lavoro e tempi di vita personale e familiare debba essere un obiettivo fondamentale da mettere a registro per il mondo economico e la politica.

Il sindacato in questa sfida può giocare un ruolo da protagonista. Come? Facendo leva con le aziende nella contrattazione di secondo livello e aiutando il sistema produttivo e indirizzarsi verso un’effettiva parità tra i sessi e in aiuto delle donne che intraprendono la strada della maternità”: suggerisce Tullia Bevilacqua.

E per garantire la parità di trattamento tra uomini e donne e salvaguardare l’occupazione femminile anche post parto occorre agire su più fronti, non soltanto in ambito nazionale, ma anche locale. Incrementando le tutele per le lavoratrici e garantendo la parità di avanzamento di carriera. Il gender gap si riduce soltanto implementando gli investimenti in infrastrutture sociali, destinando maggiori risorse alla formazione in ogni territorio, in ogni provincia, e aiutando il sistema produttivo a incentivare meccanismi di premiazione del merito. Sarà una battaglia lunga da condurre, per raggiungere il risultato, ma non ci sono alternative”: conclude il segretario regionale di Ugl Emilia-Romagna, Tullia Bevilacqua.