“Va avanti in tutta fretta la demolizione delle Torri Hamon. Quasi a volerle fare sparire prima che qualcuno intervenga a fermare il misfatto. Come sempre più cittadine e cittadini stanno chiedendo in queste ore, hanno chiesto nei giorni precedenti e si avviano a chiedere con una grande manifestazione domenica prossima, 7 aprile, dalle ore 16.00 alle 18.00 presso la Darsena di Città in testata Candiano a Ravenna.

Riepiloghiamo l’accaduto, perché sono tante le cose che non tornano in questa demolizione iniziata a sorpresa. Tutto è partito, lo ricordiamo, da un’improvvisa uscita del Sindaco che ha dato notizia dell’imminente abbattimento deciso da ENI e comunicato all’Amministrazione Comunale. La ragione, riportava il Sindaco nel suo comunicato ufficiale, scaturirebbe dal fatto che le «verifiche effettuate sulle torri hanno dato esiti negativi in termini di sicurezza, e conseguentemente la definitiva decisione di demolirle».

Abbiamo cominciato ieri a porre delle domande di tipo spiccio alla Giunta e, in particolar modo, al vice Sindaco Fusignani, che già con poca credibilità si era esibito nel ruolo dell’Amministratore afflitto. Gli abbiamo chiesto, alla luce di quanto previsto dal Regolamento di Polizia Urbana da lui stesso sbandierato come una sua vittoria (art. 7 – Incuria, degrado ed occupazione abusiva di immobili e terreni):

«Perché Fusignani, che ha la delega dal 2016, non ha vigilato in tutti questi anni sui rischi di incuria e degrado incombenti sulle torri? Perché non ha curato l’emissione di apposita ordinanza per imporre ad ENI lo svolgimento dei necessari interventi per il mantenimento delle torri? Perché, infine, non ha fatto eseguire le opere necessarie stante il mancato svolgimento delle stesse direttamente da parte di ENI?».

Ci sono però anche altre domande che richiedono risposta dopo i fatti di questi ultimi giorni. ENI è rimasta sempre in silenzio. Il Sindaco nel comunicato ufficiale del 27 marzo ha però riportato quanto scritto dalla multinazionale dai profitti multimiliardari nella Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) presentata agli uffici comunali preposti: «l’intervento di demolizione, si rende necessario e non rimandabile anche per ragioni di sicurezza, vista la vetustà e lo stato di conservazione delle torri che risultano interessate da fenomeni di disgregazione con possibile caduta di calcinacci, fenomeno ben visibile e già in essere». Dunque è ENI che ha appaltato i lavori alla ditta faentina Baldini. Eppure giusto due giorni prima, il 25 marzo, era stato il Presidente dell’Ente Porto ravennate (AdSP-MACS), Daniele Rossi, ad anticipare in un comunicato ufficiale: «È ora importante procedere speditamente con le successive fasi attuative del progetto e per questo l’area dove sorgerà l’impianto verrà sgomberata e ripulita per renderla compatibile con la sua realizzazione».

Se era ben nota l’idiosincrasia del cane a sei zampe per la manutenzione delle torri, le parole di Rossi danno da pensare sul peso dell’Ente Porto nella vicenda: «Se Eni afferma che le condizioni delle torri Hamon sono precarie, lo fa certamente a ragione. Non stiamo parlando delle piramidi, ma di beni non vincolati in zona industriale. Da parte del nostro ente c’è il dovere di acquisire beni su cui non insistano problemi di sicurezza». Dopo tutto, per quanto riguarda ENI, la vendita dei terreni all’Autorità Portuale l’avrebbe anche liberata del “problema”. Dagli elementi sopra riferiti si dedurrebbe che la “liberazione” dell’area in vendita dalle torri sia una precondizione per la vendita stessa.

Dunque è ENI o piuttosto l’Autorità Portuale a volere oggi la demolizione delle torri? E perché l’Amministrazione a guida de Pascale, contrariamente alle precedenti Amministrazioni a guida Mercatali e Matteucci, non si oppone alla demolizione e, anzi, sembra sotto sotto soddisfatta? Le parole di de Pascale appaiono in effetti limitarsi ad una presa d’atto, certo non ostile all’abbattimento: «Le torri Hamon rappresentano inequivocabilmente un pezzo di storia del passato industriale di Ravenna ed è sicuramente d’effetto e in un certo senso emblematico che in una zona dove ieri c’era un grande stabilimento di raffinazione di idrocarburi, oggi nasca un grande polo per la produzione di energie rinnovabili».

Riporta la stampa che «Il costo della compravendita è di 6 milioni e 400mila euro mentre l’impianto per la produzione di energia elettrica a servizio del porto, beneficerà di un finanziamento ministeriale di 10.5 milioni». Di quest’ultimo aveva già dato notizia Rossi: «È di queste ore l’arrivo della comunicazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), con la quale si sancisce, nell’ambito delle attività previste dal “PNRR Green Ports” il finanziamento di circa 10 milioni e mezzo di euro per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico progettato dall’Autorità Portuale di Ravenna». Tutte queste risorse economiche messe in campo per il progetto e l’acquisto dei terreni sono pubbliche.

Controllata dal pubblico è anche l’ENI che ha appena certificato utili (adjusted) per il 2023 per oltre 8 miliardi di euro. E ovviamente sono parte della Pubblica Amministrazione sia MASE che AdSP-MACS ed il Comune di Ravenna. E pertanto rispondono tutti o, almeno dovrebbero, in ultima istanza al “pubblico” per eccellenza, cioè le cittadine e i cittadini italiani che ci mettono i loro soldi (pubblici appunto) e che direttamente o indirettamente li hanno incardinati nelle loro funzioni.

E, a questo punto, c’è l’ultima e decisiva domanda che come Ravenna in Comune poniamo: «Come possono soggetti pubblici e sotto controllo pubblico, demolire o, quanto meno, consentire che si demoliscano le Torri Hamon, spendendo soldi pubblici, in palese contrasto con la volontà e l’interesse popolare?».”

Ravenna in Comune