Sono passati dodici giorni dall’inizio dell’operazione speciale, come la propaganda dell’invasore definisce la guerra in Ucraina. Un termine che ricorda tanto le operazioni di polizia internazionale con cui venne a suo tempo chiamata la prima guerra condotta dall’Italia contro l’Iraq o la missione di pace con cui invece da noi venne rinominata la guerra in Afghanistan. Un termine che è talmente piaciuto da far da allora in poi chiamare così tutti gli interventi militari all’estero condotti dall’esercito italiano. Bugie per non parlare di armi, violenza, sopraffazione contro popolazioni civili. Che cercano di sottrarvisi scappando. 15mila persone al momento sono quelle che sono arrivate in Italia che, chiaramente, vista la distanza, non è certo in testa ai paesi meta di rifugio.

Anche a Ravenna si sono iniziate le prime attività di accoglienza. E con esse cominciano ad emergere i razzismi e le discriminazioni. C’è chi distingue tra ucraini per cittadinanza ed ucraini per provenienza, come se la guerra facesse distinzione. Poi c’è già chi sostiene che per ogni ucraino in entrata dovrebbe essere allontanato un migrante economico. Non manca chi vuole discriminare in base al colore della pelle. Spiace a questo proposito scoprire che anche il Comune di Ravenna, nel promuovere raccolte fondi e accoglienza, faccia esplicito riferimento al sostegno alla sola “popolazione ucraina”. Un termine usato senza volontà di escludere, immaginiamo, ma allora meritevole di urgente precisazione. Aiutiamo chi proviene dall’Ucraina, cittadino o meno di quel Paese, senza limitare per questo l’accoglienza di chi sia partito da un altro luogo.

Come Ravenna in Comune riteniamo infatti opportuno ricordare che il nostro programma politico fin dalla nostra costituzione nel 2015 evidenzia come “in tema di diritti è sempre più importante la risposta che la città di Ravenna riesce a offrire sotto il profilo dell’accoglienza e dell’inserimento socio-economico dei migranti forzati, uomini, donne, giovani e bambine/i che sono costretti a lasciare il proprio paese per cercare protezione in Italia”. Questo in quanto “Ravenna in Comune crede nel diritto di migrare, ovvero nel riconoscere legittimamente ai cittadini di questo pianeta la possibilità di cercare ovunque un luogo dove migliorare la propria vita, a maggior ragione quando la migrazione è forzata, ovvero quando le persone non possono scegliere di rimanere nella propria patria in quanto vittime di persecuzioni individuali, di conflitti armati o di disastri ambientali dovuti ai cambiamenti climatici”.