Inequivocabili le riprese pervenute la scorsa settimana, che mostrano la carcassa quasi totalmente affondata della Berkan B. ricoperta da uno spesso strato di catrame derivato dal fuel oil contenuto nelle casse di carburante, lasciate sversare liberamente per quasi tre anni nelle acque del Piombone senza aver provveduto ad alcuna bonifica, nonostante noto il fatto che fossero piene. Una fascia alta oltre un metro, tanta quanta l’ampiezza di marea, che ora si sta liquefacendo a causa delle alte temperature.

Quarantacinque mesi fa il collasso per errata demolizione su cui nessuno ha vigilato, e ben ventotto mesi ci separano dall’affondamento, avvenuto tra l’indifferenza delle Istituzioni. Nel frattempo, denunce in Procura, appelli disperati delle associazioni vista la gravissima emergenza ambientale in atto, stragi di avifauna ed ittiofauna, commissariamenti, un bando per la rimozione aggiudicato e poi finito al TAR, manifestazioni, presidi, articoli e servizi sui media nazionali, fino a che, dopo il provvidenziale interessamento del Ministero della Transizione Ecologica attraverso il Vice Capo di Gabinetto vicario De Salvo, il Direttore generale per il mare Zaghi ed il Comandante del Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto Ammiraglio Caligiore, paiono finalmente avviate le operazioni di demolizione e rimozione del rottame Berkan B. Come mai, però, dopo tutto questo tempo, si provvede proprio nel periodo più sbagliato, con temperature elevate che favoriranno la dispersione nell’ambiente degli idrocarburi ancora presenti sulle lamiere e sui fondali? Il progetto è datato 2019, ma solo oggi si mette in cantiere. Perché? Forse le tempistiche sono dettate dal procedimento penale in corso scaturito dalle denunce dei cittadini, che vede coinvolta l’Autorità di Sistema Portuale di Ravenna, la cui terza udienza preliminare che deciderà il rinvio a giudizio o meno si terrà il prossimo 8 ottobre?

La situazione appare preoccupante: le riprese, infatti, evidenziano vistosi aloni oleosi, ed anche chiazze nere che potrebbero far presupporre la presenza di carburanti non ancora del tutto fuoriusciti dalle casse. Al contempo, si nota l’aggancio delle panne alla banchina, con un ampio distacco dalla parete della banchina stessa e, non bastasse, ancora una volta, esemplari di avifauna tra le panne. Proprio nel periodo di nidificazione, per un sito, quello della Pialassa Piomboni, sottoposto a protezione ambientale dalle normative europee, zona a tutela speciale del Parco del Delta del Po e dove si pescano di frodo molluschi immessi in gran quantità nel mercato alimentare.

A spese dei cittadini, a spese dell’ambiente: davvero una vicenda indegna per un porto di un paese civile.

I cittadini chiedono di conoscere le misure che verranno adottate durante l’intervento di demolizione e rimozione della carcassa – e le relative autorizzazioni e prescrizioni degli enti competenti – al fine di cautelare le acque e l’ecosistema dalla ulteriore contaminazione con sostanze altamente tossiche e potenzialmente cancerogene, e chiedono di poter assistere, tramite tecnici qualificati, alle operazioni.