Sgomberiamo il campo da dubbi: le denunce di Italia Nostra sul caso Berkan B, lasciata affondare per oltre un anno e mezzo senza alcuna bonifica, non furono sporte contro un ente specifico, ed avevano l’unico, vano, obiettivo di fermare il prevedibilissimo disastro. A torto o a ragione, le indagini sono poi giunte all’Autorità Portuale di Ravenna. La quale ora, a quanto pare, prima ancora di qualsiasi grado di giudizio, sta dando migliore sfoggio di sé. Desideriamo porgere tutta la nostra solidarietà ai giornalisti del Corriere Romagna e di Ravenna&Dintorni, nonché alla Lista civica La Pigna ed anche ai lavoratori i quali, esercitando un loro diritto per fortuna ancora garantito dalla legge, hanno osato dar notizia di certi metodi, fatto tutto da verificare, che parrebbero a loro dire essere non infrequenti all’interno dell’Autorità Portuale di Ravenna.

Al di là delle ipotesi e delle verifiche, e di quanto poi archiviato dal giudice circa la presunta diffamazione che ha visto coinvolti i giornalisti, resta inspiegabile l’atteggiamento di un ente pubblico, forse il più importante del territorio non solo ravennate, rispetto a fatti simili. Se tutto fosse a posto come essi sostengono (e non abbiamo motivo di dubitarne) perché preoccuparsi del libero – sia pure a volte fastidioso – diritto di cronaca o, passateci il termine, di quisquilie? Davanti ai progetti di escavo che vedranno maneggiati milioni di metri cubi di fanghi e piogge incessanti di milioni di euro per i prossimi anni, i problemi su cui agire con rapida fermezza opponendosi persino all’archiviazione sono le segnalazioni e gli articoli di giornale? E che dire della Commissione ambiente tenutasi in Comune a Ravenna il 7 maggio 2021 dove, con veemenza, la presidenza dell’Autorità Portuale esordiva dichiarando:“Per quanto attiene al relitto della motonave Berkan B, pur con il necessario rispetto dovuto al processo penale attualmente in corso anche nei confronti del sottoscritto, è comunque necessario anzitutto fare chiarezza su un dato che troppo spesso anche con finalità evidentemente strumentali, è stato diffuso in modo assolutamente non corretto. Nessun inquinamento proveniente dal relitto semiaffondato della motonave Berkan B ha mai interessato la zona esterna alle panne antinquinamento posizionate tempestivamente intorno al relitto stesso per impedire eventuali spandimenti. Chi sostiene il contrario, il rappresentante ravennate dell’Associazione Italia Nostra su tutti, fornisce false informazioni e laddove lo faccia o lo abbia fatto scientemente verrà certamente chiamato a rispondere delle proprie azioni di fronte all’Autorità Giudiziaria già interessate con diversi atti di denuncia e querela”. E ancora:“Voglio ribadire chiunque abbia legittimamente in possesso degli atti del fascicolo delle indagini preliminari relative al procedimento penale che riguarda la questione non può in alcun modo sostenere che sia stato inquinamento derivante dalla Berkan B che abbia interessato il canale o la Pialassa, se lo fa compie un’azione illecita di cui sarà chiamato a rispondere”. Minacce? Non sappiamo. Peccato che il presidente o ignori le carte del procedimento, oppure non sia preciso nelle sue affermazioni, in quanto i documenti depositati – e non ci riferiamo a quelli prodotti da altri nel fascicolo, su cui noi manteniamo il riserbo per ora previsto per legge, ma sui nostri – indichino altro. O ancora, relativamente alla rimozione dei relitti del cimitero delle navi:“…oppure possono essere rimosse in caso di dichiarazione di pericolo, ma la dichiarazione di pericolo non la fa l’Autorità Portuale, la dichiarazione di pericolo è di competenza dell’Autorità Marittima, cioè della Capitaneria di Porto (…) io ritengo che se la Capitaneria di Porto non ha ritenuto di emettere la dichiarazione di pericolosità vuol dire che quelle navi allo stato non sono pericolose…”. Peccato che invece esista una relazione rilasciata alla Capitaneria di Porto di Ravenna dal Nucleo Operatori Subacquei Guardia Costiera della Capitaneria di Porto di San Benedetto del Tronto a gennaio 2020, dove si legge: “… considerato l’avanzato stato di usura, non si esclude un potenziale e pericoloso inquinamento causato da futuri collassi delle strutture che provocherebbero il versamento in mare del residuo carico di idrocarburi all’epoca presente nelle cisterne asservite agli organi di propulsione”. Che dire, poi, dell’emergenza sanitaria legata al bracconaggio di vongole a larga scala che si pratica, fatto noto a tutti gli addetti ai lavori, tra i relitti del cimitero delle navi? Insomma, probabilmente i legali o gli enti con cui si relaziona lo stizzito presidente debbono informarlo meglio, affinché egli possa risolvere –o collaborare a risolvere – le questioni che gli afferiscono e per cui è molto lautamente pagato, senza fargli perdere tempo, serenità e denari pubblici in querele e proclami contro cittadini, esponenti politici, giornalisti ed associazioni.