La scuola primaria Riccardo Ricci ha aperto le sue aule ai Canterini Romagnoli.

All’interno del progetto “Orti Slow Food a scuola”, organizzato da Slow Food Ravenna Aps, si sono svolte una serie di lezioni volte a recuperare alcune tradizioni del territorio come il dialetto.

Le classi ortolane delle insegnanti Anna Annunziato, Lara Baldini, Elena Emiliani, Eliana Monti hanno seguito un ciclo di quattro incontri di lettura in dialetto romagnolo.

La presidente emerita, Anna Maria Vannini, dei Canterini Romagnoli Pratella Martuzzi di Ravenna, ha letto in dialetto romagnolo a 150 bambini, le seguenti fiabe: “Fabiôl, la Barbarena e al furmigh” (Zufolo, Barbarina e le formiche), “E’ dent dla principesa” (Il dente della principessa), “La fôla dla Gisuêlda” (La favola di Gesualda), tratte da: Fiabe di romagna raccolte da Ermanno Silvestroni, a cura di E. Baldini e A. Foschi, ed. Longo, volumi terzo e quarto.

Le classi della maestra Dina Lo Conte hanno partecipato al corso di canto corale, con approfondimento linguistico delle cante in dialetto romagnolo con il maestro Angelo Sintini.

Domenica 23 marzo 2025 i ragazzi si esibiranno con i Canterini Romagnoli durante la loro tradizionale festa “dal Fugareñ” (La festa delle Focarine).

I Canterini Romagnoli ogni anno festeggiano l’arrivo della primavera e il risveglio della natura alla Ca’ d’Campâgna, organizzando una grande festa “dal Fugareñ” rivolta soprattutto ai giovani per trasmettere e mantenere gli usi e i costumi romagnoli. Nel pomeriggio si susseguiranno i “zugh d’ una vôlta” (gara degli spaventapasseri, corsa nei sacchi, tiro alla fune, pentolaccia), l’accensione della “fugarena” e alle ore 16.00 il tradizionale concerto dei Canterini nel teatrino della Ca’: qui bambini e le bambine ortolane si esibiranno insieme al coro dei Canterini e canteranno “A treb” e “Mêrz”.

Appresa la notizia di questa attività didattica, lo scrittore e antropologo ravennate, Eraldo Baldini l’ha così commentata : «La cultura popolare della Romagna – come le altre culture popolari e tradizionali italiane -, che per secoli e secoli ha rappresentato il solido sistema di saperi e di valori caratterizzanti un popolo e una società prevalentemente contadina, insieme alla lingua in cui quel popolo si esprimeva, è stata erosa profondamente dalla modernizzazione, da mutati stili di vita, dalla globalizzazione e, non ultimo, dal desiderio di superare una complessiva condizione che a molti appariva di arretratezza, perché legata al ricordo di un passato fatto spesso di ristrettezze, di fatiche e di ignoranza. Ma si è rischiato di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca: perché quella cultura e quella lingua erano in realtà non solo funzionali alla società che le esprimeva, ma rappresentavano una grande ricchezza empirica, semantica e valoriale. Se oggi nelle scuole quella cultura e le sue espressioni vengono ricordate, riproposte e criticamente tramandate, ciò non può che arricchire i bambini e i ragazzi nella consapevolezza di esserne in qualche modo eredi e custodi».