Anche i consiglieri regionali del Partito Democratico Eleonora Proni e Niccolò Bosi stanno seguendo con preoccupazione l’annuncio del Gruppo LAFERT, azienda multinazionale operante nel settore dei motori elettrici, dell’intenzione di chiudere lo stabilimento produttivo di Fusignano nell’area della Bassa Romagna mettendo a rischio circa 60 posti di lavoro. Una notizia appresa dalla stampa che ha da subito mobilitato le istituzioni per esprimere solidarietà ai lavoratori e per cercare di avviare una trattativa che possa scongiurare la perdita per il territorio ravennate di un sito produttivo importante e dei posti di lavoro.
“Esprimiamo vicinanza ai sessanta lavoratori e alle loro famiglie che sicuramente stanno vivendo ore di ansia e grande incertezza sul futuro- sottolineano i consiglieri regionali dem Eleonora Proni e Niccolò Bosi-. Venire a sapere di questa decisione unilaterale dalla stampa è assurdo, dopo anni di cassa integrazione e addirittura con la prospettiva ventilata di un rilancio del sito produttivo. Stiamo seguendo l’evolversi della situazione con estrema attenzione e – annunciano – presenteremo a stretto giro e a nostra firma un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale per chiedere un coinvolgimento pieno della Regione istituendo un tavolo di confronto che, con la partecipazione di sindacati, azienda e istituzioni del territorio, contribuisca alla risoluzione positiva della crisi in atto, scongiurando l’annunciata chiusura dello stabilimento di Fusignano”.
Una situazione quella di Fusignano purtroppo simile a quelle successe recentemente in molti altri territori, dove multinazionali chiudono stabilimenti, spostano le produzioni dove è più conveniente produrre e partono licenziamenti. “È necessario che il Governo nazionale intervenga, come mai ha fatto finora, e adotti finalmente una politica industriale capace di una visione strategica per il prossimo futuro, fatta di supporto agli investimenti strategici, di tutela del tessuto produttivo italiano e di riconoscimento del valore del lavoro e dei lavoratori, che non possono essere chiamati a addossarsi gli effetti negativi di un’economia che cambia e non sempre nella giusta direzione”- concludono Proni e Bosi.

























































