Già a settembre 2021, con l’inizio delle lezioni, usciranno dal mondo della scuola 27.592 docenti di cui 16mila grazie a ‘Quota 100’. Del computo totale quasi la metà degli insegnanti (12.209) andrà in pensione soltanto nelle 6 regioni del Nord, Emilia Romagna inclusa (più di 2.000). Numeri che rendono le uscite preventivate più alte rispetto all’anno scorso e rendono più difficile il turnover.

E la questione dell’avvicendamento del personale in ambito pubblico è difficile anche nel settore sanitario. A breve, infatti, fra corsa ai pensionamenti e mancanza di occasioni di formazione, nella nostra regione mancheranno migliaia di medici di base.

In entrambi i casi, nei settori della scuola e della sanità, ricorre un annoso problema: a fronte della mancata sostituzione del personale che ha maturato i diritti pensionistici, non si procede ad un’equivalente stabilizzazione dei precari. Posto che il tema dei lavoratori tirocinanti in generale, oltre a quelli storici della sanità, riguarda anche altri settori, dalle autonomie locali agli apparati di giustizia, solo per citare due ambiti. E tocca all’esecutivo farsi carico di risolvere il problema con urgenza”: afferma in una nota Tullia Bevilacqua, segretario regionale Emilia-Romagna dell’Ugl.

Il governo ha messo a bando con un concorso straordinario riservato ai precari della scuola con 3 anni di servizio quasi 29mila cattedre in tutta Italia, in realtà se ne dovrebbero occupare  200mila, posti ambiti dai supplenti.

Come sindacato Ugl e Ugl scuola da tempo richiamiamo l’attenzione del governo sulla situazione in atto. E anche questa volta, come ogni anno, a poche settimane dalla ripresa delle attività scolastiche si dovranno affrontare i problemi delle cattedre scoperte, dei precari, delle classi pollaio… In sanità si parla di un esercito di 66mila precari in tutta Italia, dunque il problema è strutturale. Un problema che rende ancora più delicata la questione della riforma pensionistica che impatta sulla forza lavoro in servizio”: aggiunge Tullia Bevilacqua.

Come sindacato Ugl, attraverso il segretario generale Paolo Capone, abbiamo proposto al governo il progetto ‘Quota 41’, perché riteniamo che dopo 41 anni di versamenti di contributi ogni lavoratore e lavoratrice abbia il giusto diritto di andare in pensione e di godersi quello che non è privilegio, bensì, appunto: un suo preciso diritto. Inoltre, riteniamo fondamentale che per le donne che hanno cominciato a lavorare tardi, con più di 20 anni di contributi versati ed il raggiungimento di un’età avanzata, si valuti il limite di 65 anni per l’accesso ai requisiti pensionistici, senza dover far ricorso al regime delle quote e tenendo conto del fatto che alle stesse donne è demandato in ambito familiare un carico di lavoro (domestico e caregiver) difficilmente quantificabile o sopportabile dagli uomini”: conclude il segretario regionale Emilia-Romagna dell’Ugl, Tullia Bevilacqua.