Il primo marzo scorso si è tenuto presso la sala Don Minzoni del seminario arcivescovile il Convegno Sub Tutela Dei, dedicato alla figura del giudice Rosario Livatino. All’evento, che inaugura una mostra esposta, a Ravenna, presso la Biblioteca Oriani, dal 1 al 9 marzo, in ricordo del magistrato siciliano, barbaramente ucciso dalla mafia, hanno preso parte le massime autorità civili e militari della città.
Gli interventi sono stati preceduti dai saluti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna, Daniele Barberini, che ha ricordato con voce emozionata come Rosario Livatino abbia rappresentato per lui e per i magistrati della sua generazione un esempio di vita professionale, della Dr.ssa Mariapia Parisi, Presidente vicario del Tribunale di Ravenna che ha sottolineato come la morte di Livatino, vissuta con particolare angoscia anche dagli addetti ai lavori, per la ferocia dell’assassinio, abbia determinato nei magistrati un recupero di valori essenziali, quali l’indipendenza e la difesa della libertà.
A nome del Sindaco di Ravenna e dell’intera giunta comunale, si è espresso l’Assessore alla legalità Igor Gallonetto che ha messo in luce come il senso della politica sia racchiuso nella credibilità che si ottiene solo se ci si riconosce nei valori che si vogliono affermare.
È stato poi letto un pensiero dell’Arcivescovo della Diocesi di Ravenna-Cervia, Mons. Lorenzo Ghizzoni, che ha ripercorso il processo di beatificazione del magistrato siciliano, il cui martirio in odium fidei dimostra l’assoluta inconciliabilità tra Vangelo e strutture mafiose.
L’avv. Matteo Filippi, curatore della mostra, primo dei relatori, ha sottolineato la grande umanità di Livatino, come emergente dai brevi appunti presenti nelle sue agende, che disvelano anche momenti di profonda malinconia e sconforto. Il magistrato, ha sempre dimostrato un forte senso della giustizia, e un’accurata analisi delle problematiche del territorio in cui si trovava ad operare, non ultima quella ambientale. Rosario, poco prima di morire, si rivolse ai suoi sicari con l’affettuoso appellativo siciliano di “picciotti”, facendo loro, implicitamente, intuire il suo perdono e favorendone, prima il pentimento, e, successivamente, la conversione alla fede cattolica.
Ha poi preso la parola l’avv. Cesare Pozzoli che, grazie ad alcuni aneddoti tratti dalla sua esperienza giuslavoristica, ispirati all’insegnamento di Livatino, ne ha messo in risalto il contegno estremamente rispettoso nei confronti degli imputati, mai per lui, identificabili con i reati commessi. Dall’esperienza professionale di Rosario, ha concluso il giuslavorista, si può ricavare un imperituro messaggio: ogni lavoro rappresenta uno strumento per migliorare la realtà e, per questo, per quanto umile, è degno di essere svolto, non è il ruolo che ci rende, infatti, degni, ma il modo con cui lo ricopriamo.
La capacità professionale di Livatino è stata il perno della narrazione di Antonia Pappalardo, Presidente della Sezione Riesame presso il Tribunale di Palermo che, pur non conoscendo personalmente il magistrato siciliano, ha avuto modo di confrontarsi con lui tramite la lettura di uno dei suoi ultimi provvedimenti giurisdizionali, rimanendo colpita dalla sua capacità argomentativa e di analisi dei fenomeni economici.
Uno dei momenti più emozionanti è stato il collegamento telefonico in diretta con Piero Nava, testimone oculare dell’assassinio di Livatino, intervistato dal Prefetto di Ravenna Castrese De Rosa.
Da più di trent’anni Piero Nava ha perso identità, casa, lavoro, affetti, per ragioni di sicurezza che permangono tuttora, ma non la propria dignità, che avrebbe perso omettendo di riferire quello a cui aveva, suo malgrado assistito.
La conferenza si è quindi conclusa con le parole del Prof. Salvatore Insenga che, rivolgendo lo sguardo alla giovane platea, ha ricordato quando il cugino, Rosario, aveva spiegato a lui, giovane studente, che la mentalità mafiosa si insinuava già nei banchi di scuola, attraverso semplici gesti, quali il far copiare, anziché aiutare il compagno nello studio, contributo all’apparenza vantaggioso per chi lo riceve, ma che crea, invece, dipendenza, e soggezione psicologica.
Rosario, ha raccontato il cugino Salvatore, aveva definito, nel corso di una conferenza, il peccato “ombra” e aveva evidenziato la necessità della luce per giudicare, ricordando, però, che nessun uomo è “luce assoluta”… e ritenendo, quindi, indispensabile, che il magistrato avvertisse, con umiltà, le proprie debolezze.
Vertice dell’incontro il messaggio di Gaetano Puzzangaro, uno dei killer, pentito e convertito alla fede, letto in diretta telefonica con Nava, dal professore Insenga, nel corso del quale, ha chiesto scusa al testimone, per tutto il dolore causato, e lo ha contestualmente ringraziato, perché, senza di lui, e la conseguente condanna penale, non sarebbe mai stato l’uomo nuovo che è oggi.
Il convegno si concludeva con la lettura del testo, dedicato a Rosario Livatino, da Davide Rondoni, poeta, scrittore e drammaturgo