Era nell’aria il passaggio dall’arancione all’arancione scuro, in realtà un rossiccio, in sostanza un lockdown di ritorno, con tutte le conseguenze sanitarie, economiche e psicosociali che ne derivano. Il sistema dei tamponi ha mostrato i limiti di chi lo ha concepito e applicato, vertici nazionali in primis. Né si possono escludere quelli domestici, visto tra l’altro che Forlì (27 chilometri da Ravenna e molto meno distante di noi da Imola) si è pur salvata da quest’ultimo oscuramento. La Regione Emilia-Romagna, giudicata tra le migliori d’Italia, la migliore secondo se stessa, ha espresso sì un sostegno meritorio alle imprese economiche nei tavoli Stato-Regioni e messo in campo una discreta organizzazione sanitaria complessiva, mostrando però anche una serie di inefficienze e qualche scivolata. Senza volerle superficialmente addossare ogni responsabilità della recrudescenza virale, la situazione attuale è la seguente, descritta dall’agenzia Adncronos nel suo dispaccio di fine settimana: “Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 258.007 casi di positività, 2.542 in più rispetto a ieri, su un totale di 32.129 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è del 7,9%. Purtroppo, si registrano 32 nuovi decessi”.

Responsabili invero siamo un po’ tutti, ciascuno per la propria parte, a cominciare dalla diffusa mancanza di senso civico, esibita da troppi cittadini con comportamenti che danneggiano loro stessi e la comunità. Ieri, ad esempio, grazie al tempo soleggiato, il centro di Ravenna brulicava di gente per ogni dove, con formazione di numerosi assembramenti, persone con mascherina abbassata, o anche senza, e con poco o nessun rispetto per la distanza di sicurezza. Non meglio la situazione a Marina di Ravenna. Verso sera, in piazzale Ugo La Malfa sostava una quindicina di giovani in larga parte incuranti di ogni minima cautela protettiva.

Una regola sociologica è che il mancato rispetto delle norme è proporzionale alla mancanza dei controlli, dai quali però la battaglia contro il virus non può prescindere. Ieri, nei posti che ho indicato, non si è visto un agente in divisa che richiamasse almeno gli inadempienti a correggere i loro comportamenti, applicando loro, se renitenti, le dovute sanzioni. Prevenzione e repressione, opportunamente bilanciate, sono un fattore indispensabile di riuscita per ogni campagna volta a fronteggiare situazioni di grave turbamento della vita sociale. Nel momento tragico attuale, che lascerà comunque il nostro paese in condizioni difficili e preoccupanti, la nostra città deve mettere in campo aperto i suoi agenti, come segno di vigilanza attiva delle istituzioni e di monito al senso di responsabilità.