In questi giorni si sta assistendo all’invasione dei territori del Rojava, il Kurdistan occidentale, da parte dell’esercito turco. Si contano già morti, feriti e decine di migliaia di civili in fuga in un territorio, come quello siriano, già segnato da otto anni di guerra civile. Solo ieri si è appreso che è stata assassinata anche Hevrin Khalaf, segretaria generale del Partito Futuro siriano e una delle più note attiviste per i diritti delle donne nella regione.

Come Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprimiamo il nostro sentito cordoglio per la morte di Hevrin Khalaf e piena solidarietà e vicinanza al popolo e alle donne curde, che stanno coraggiosamente affrontando l’offensiva turca.

Non si sottolinea abbastanza che, come ha dichiarato Dacia Maraini in una recente intervista, le combattenti curde “sono un’avanguardia culturale e non solo e tanto un fatto militare”. Non stanno solo combattendo per difendere un territorio, ma per un ideale di libertà e per una società basata sui valori di democrazia, ecologia e femminismo. Ispirati a questi principi e al “confederalismo democratico”, i cantoni del Rojava hanno da tempo rinforzato i meccanismi di co-presidenze in un’ottica di parità fra i generi, hanno creato unità di difesa della donna, comuni femminili, accademie, tribunali e cooperative. Nel bel mezzo della guerra uno dei primi atti del governo è stato la criminalizzazione di fenomeni come matrimoni forzati, violenza domestica, delitti d’onore, poligamia, matrimoni precoci e il “prezzo della sposa”.

Soggette a una doppia discriminazione dovuta alla loro identità e al loro genere, le donne curde hanno dato vita a un movimento femminista che le ha viste lottare e conquistare i loro diritti in territori in cui il patriarcato ha sempre regnato sovrano.

Diventate il simbolo della resistenza curda nel nord della Siria, queste donne rappresentano qualcosa di più ampio: un modello di coraggio e attivismo per tutte le donne, occidentali e non. Cresciute in una cultura dove delitti d’onore e nozze forzate sono la norma, le combattenti curde sono l’incarnazione vivente della forza delle donne e del principio di sorellanza, un ribaltamento attuale e sotto gli occhi di tutti di quegli stereotipi di genere che vogliono le donne sottomesse, alla dominazione maschile come al loro “destino biologico”.

Il principio di autodeterminazione delle donne viene calpestato ovunque e i numeri dolorosi della violenza maschile sulle donne nel nostro Paese ce lo ricordano fin troppo stesso. Guardiamo, quindi, al popolo e alle donne curde come a un forte segnale di speranza per tutte/i, anche per la cultura e la società occidentali: oggi come in passato le donne combattono per i loro diritti e, che sia per fronteggiare l’Isis o per affermare la parità di genere, dimostrano che l’unione e la consapevolezza sono armi straordinarie contro la violenza.