Sono 3.390, di cui 150 donne, le persone detenute nei dieci istituti di pena emiliano-romagnoli. Fra i tanti problemi con i quali convivono quotidianamente, “uno è certamente quello della residenza anagrafica: un diritto che dovrebbe riguardare tutti i cittadini, compreso chi è costretto a un periodo di detenzione. Ma così non è”. A lanciare l’allarme e il garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri, che spiega come l’assenza di questo diritto “può determinare il mancato accesso a specifici servizi, come, ad esempio, quelli sociali erogati sui territori e rivolti ai soli residenti, i servizi sanitari, l’accesso ai servizi anagrafici, ecc.”. Quando una persona entra in carcere, solitamente lascia un’abitazione dove era residente, perdendo dunque la residenza ma senza acquisirne una nuova. Questo crea a catena una serie di problemi per il detenuto ai quali vuole porre rimedio il garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna. Non da solo.
Per questo Cavalieri, assieme al garante nazionale Mauro Palma, sta ricercando soluzioni al problema: “Ci troviamo di fronte a una normativa particolarmente intricata. Abbiamo ascoltato nei giorni scorsi gli organi competenti in materia, compresa l’Associazione nazionale ufficiali di stato civile e anagrafe (Anusca)”. Il garante regionale spiega, quindi, cosa verrà fatto: “Stiamo lavorando a linee guida che presenteremo anche alla presidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna Emma Petitti, la quale ci ha già fatto sapere che le condividerà con i colleghi consiglieri, a partire dal presidente della commissione Parità e diritti, Federico Amico”. Un primo passo verso un diritto che è di tutti: “L’auspicio -conclude Cavalieri- è quello di trovare una soluzione a questo problema che tocca maggiormente le persone più fragili (a partire da quelle con poche possibilità economiche). La residenza è un diritto che non può essere negato ad alcun cittadino”.