“Ci saranno molti problemi a fare le prime elementari anche perché il provveditorato non può fare classi per dieci bambini […] però se i bambini non ci sono […] qui c’è bisogno di partire dalle fondamenta, un sostegno alle famiglie per fare in modo che le mamme possano stare a casa a badare i bambini e non si mangino tutto lo stipendio con delle badanti e con delle cose del genere” Sono le dichiarazioni che hanno scatenato l’ira del centrosinistra rilasciate durante un’intervista dal sindaco di Brisighella Massimiliano Pederzoli. Nel suo discorso il sindaco fa riferimento ai problemi che stanno emergendo in tutta la provincia di Ravenna nella formazione delle classi prime della scuola primaria, dove i bambini non raggiungono il numero sufficiente per formare più classi e, stando alle norme, dovrebbero essere raggruppati tutti assieme in un’unica classe “pollaio”, che causerebbe problemi non solo per la didattica ma anche al rispetto delle norme del distanziamento sociale introdotte con la pandemia. Problemi che attualmente vengono riscontrati a Brisighella, Castel Bolognese e in alcune frazioni del Comune di Ravenna.

Appare una chiacchiera da bar se letta così, detta per esprimere un parere al caldo sole del 24 giugno. Invece, purtroppo, non è così” afferma Faenza Coraggiosa.

“Queste parole appartengono al primo cittadino di Brisighella, Massimiliano Pederzoli. Ed è possibile trovare questa intervista online. Nella sua visione, che si origina come riflessione sulla riduzione delle classi elementari a Brisighella, la colpa è della bassa natalità che costringe le istituzioni scolastiche a ridurre il personale. E potrebbe anche andare bene come ragionamento, ma è il modo in cui la bassa natalità si può contrastare che non torna: le madri devono stare a casa a badare i bambini, e non a lavoro, senza fare a queste consumare i risparmi in badanti (?), o meglio baby sitter.” concetto contro il quale il collettivo di centrosinistra si schiera energicamente.

“Dopo tante battaglie, speravamo che fosse chiaro, ormai, che la cura della prole non deve e non può essere un dovere e un obbligo solo della donna. È un concetto offensivo per le donne, perché si dà per scontato che siano (per biologia? per DNA?) preposte ad un ruolo di cura, come dice il suo collega Pillon, ma è offensivo anche per gli uomini, perché afferma implicitamente l’incapacità maschile di occuparsi della crescita di un figlio. Allo stesso modo, entrambi i genitori hanno il diritto, in quanto persone, di perseguire i propri obiettivi e le proprie aspirazioni lavorative e professionali.”

Secondo Faenza Coraggiosa: “lo Stato non dovrebbe intervenire solo con sussidi economici (che fanno bene, sì, ma lasciano comunque aperto il problema dell’organizzazione) ma con un corpo normativo che tuteli le famiglie nelle loro necessità di base e con servizi di prossimità: asili nidi e scuole materne con costi affrontabili anche dalle famiglie a basso reddito, assistenza a domicilio per il primo periodo, la possibilità di concordare smart working e orario flessibile o modulabile quando necessario e senza rischio di mobbing e discriminazioni, solo per fare qualche esempio. La certezza di poter organizzare e gestire la vita e le giornate dei propri figli potendo conciliare lavoro e famiglia sarebbe l’incentivo più potente ad una ripresa delle nascite.”

“Faenza Coraggiosa vuole fare presente al Sindaco di Brisighella che ci sono due aspetti che vanno tenuti distinti, e che non sono la stessa cosa. Il primo riguarda il lavoro delle donne, che abbiano o meno figli, che deve essere promosso, riconosciuto, valorizzato e retribuito. Il secondo riguarda le politiche per la famiglia, tutta la famiglia, per ognuno dei componenti la stessa. L’uomo che produce reddito e la donna che cura i bambini è una discriminazione, un vecchio concetto patriarcale perché “dove metto il bimbo quando sono al lavoro” riguarda alla pari tutti due i genitori. È vero, la denatalità è un grande problema italiano e va trovata una soluzione; la chiusura delle scuole o di sezioni intere crea sempre un grave danno alle famiglie e alle comunità. E va detto che se c’è denatalità è proprio perché in questo paese, alle donne che hanno figli, troppo spesso non viene data altra prospettiva che quella di stare a casa. La maternità deve essere una scelta: è tale solo se le donne possono veramente contare di conservare la loro vita pubblica, il loro lavoro e le loro aspirazioni anche quando hanno figli. In Italia però non è così e per arrivarci servono azioni e investimenti su tutto il sistema che, finora, sono mancati: a favore del lavoro femminile; a supporto di un vero coinvolgimento anche dei padri nella cura dei figli; per la parità di genere nella vita pubblica e lavorativa; per servizi di sostegno alla conciliazione parentale (senza genere) di prossimità e integrati. E azioni anche nella scuola per tornare a classi piccole e a luoghi di prossimità, perché diventino un vero servizio di comunità di cura delle persone in età scolastica. Per fortuna l’ONU e la Ue ci spingono verso orizzonti culturali opposti a quelli espressi dal Sindaco Pederzoli. Per quanto sia innegabile l’importanza della figura materna, è altrettanto importante la figura della donna, singolarmente considerata, e dalla famiglia in generale. I diritti delle lavoratrici (e a volte anche madri), vengono spesso negati. Questa reclusione forzata in casa, con l’unico scopo di accudire i propri figli e il marito, senza libertà economica ed affermazione personale, fanno ripiombare la nostra società indietro di millenni. Non dovrebbero esserci differenze fra genitori e uomini e genitori donne: purtroppo è ancora così. Il recludere la donna in casa non farà certo migliorare la situazione. Faenza Coraggiosa auspica che venga presto chiarita in consiglio d’Unione questa posizione anacronistica ed inconciliabile e chiede al sindaco Pederzoli di presentare le proprie scuse a tutte le donne dell’Unione, di cui il suo comune fa parte.”