Continue lamentele – dopo aver inutilmente cercato risposta dai siti ufficiali del Comune (comuni-chiamo e sportello polifunzionale) – pervengono a Lista per Ravenna sull’esito degli scavi effettuati su suolo pubblico. Finalizzati ad interventi di posa in opera, estensione, potenziamento, manutenzione, sostituzione o rimozione di canalizzazioni e/o sottoservizi, i lavori, una volta ultimati, restituiscono strade, piazze, pertinenze stradali, piste ciclabili, piste ciclopedonali, ecc. assolutamente malridotte e rovinate, se non pericolose, indecorose e disdicevoli soprattutto nei percorsi turistici, esempio limite lo stato di via San Vitale.

Siccome il fenomeno è molto diffuso, bisogna risalirne alle cause, valevoli per la generalità dei casi. Lo abbiamo fatto prendendo a base due strade importanti, oggetto di scavi recenti: viale dei Navigatori, l’arteria principale di Punta Marina Terme, e via Mario Montanari, che collega direttamente il centro storico con la zona Stadio. Qui sotto è riprodotto un campione di molte foto scattate dopo il presunto ripristino.

Gli scavi sono autorizzati dal Comune sulla base di uno specifico corposo regolamento. Le norme tecniche per la loro esecuzione compongono un allegato di 36 pagine che, oltre a dettare le prescrizioni operative per le escavazioni, disciplinano i successivi lavori di rinterro e di ripristino, sia esso provvisorio, che definitivo (da iniziare decorsi 180 giorni dall’ultimazione di quello provvisorio e da terminare entro 270). In entrambi i casi, e per qualsiasi fattispecie di scavi, di aree pubbliche e di pavimentazioni, sono imposte e continuamente ripetute due condizioni fondamentali: “ad opere ultimate la parte superiore della zona ripristinata deve essere pari alla pavimentazione esistente senza bombature, avvallamenti, slabbrature”; e devono essere ripristinate “a perfetta regola d’arte le condizioni preesistenti prima del ripristino delle condizioni di transitabilità”. Ognuno può verificare coi suoi occhi, ovunque osservi qualcuna delle molte zone pubbliche assoggettate a scavi, se queste condizioni sono state rispettate, oppure se, più facilmente, non si può neppure parlare di “ripristini”.

Il punto principale di questa esposizione attiene però ai controlli, regolati dall’ultimo capitolo delle norme tecniche. Denominato: “Controllo di qualità delle opere autorizzate”, esso richiede verifiche molto dettagliate sia sulla “corretta esecuzione delle lavorazioni autorizzate”, sia sulla “idoneità dei materiali utilizzati”, sia sulla “regolare posa in opera dei materiali utilizzati”, compresa la “complanarità del ripristino eseguito”. Richiedendo, a spese del titolare dell’autorizzazione, “prove in sito e/o di laboratorio effettuate da Istituti autorizzati, corredati da idonei certificati di prova”,il Comune può imporre il rifacimento dei lavori giudicati non accettabili o addirittura il totale rifacimento dell’opera. Superfluo infatti aggiungere che al problema del corretto ripristino dei luoghi pubblici scavati si aggiunge, non meno importante, la tenuta nel tempo, anziché la fragilità, dei lavori compiuti.

L’interrogazione, pur partendo dai casi indicati di viale dei Navigatori e di via Mario Montanari, su cui chiede di ottenere spiegazioni, è rivolta in generale a conoscere:

  • se, a conclusione degli scavi in oggetto, vengano ovunque eseguiti controlli puntuali sulla loro effettuazione, nei termini di cui alle norme tecniche di effettuazione dettate dal regolamento specifico;
  • quale personale e con quante unità vi sia addetto;
  • se si ritenga sufficiente al bisogno, oppure meritevole di adeguato potenziamento.