L’agricoltura è un pilastro dell’economia italiana, con 41 miliardi di euro di prestiti bancari nel 2021, e soprattutto un comparto agroalimentare da tutelare, dopo la pandemia e a maggior ragione oggi tra rincari energetici e guerra in Ucraina. Ma è un comparto da tutelare a favore della qualità dei prodotti e anche contro le fake news, ad esempio quelle secondo cui gli allevamenti risultano tra i maggiori produttori di gas serra nell’atmosfera. È il quadro uscito ieri all’inaugurazione del 215esimo anno accademico dell’Accademia Nazionale di agricoltura, nello Stabat Mater dell’Archiginnasio di Bologna, aperto dalla relazione del prof Giorgio Cantelli Forti, presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, e la prolusione del presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli, nominato “accademico onorario”.
La cerimonia è stata animata dall’assegnazione della terza edizione del Premio Filippo Re, quest’anno dedicato al rapporto tra territorio e società, che ha visto vincitore lo studio di Roberto De Vivo, Phd Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali Università di Napoli “Federico II”, dal titolo “Influence of carbon fixation on the migration of greenhouse gas emission from livestock activities in Italy and the achievement of carbon neutrality”.
Dallo studio, in sostanza, emerge che la zootecnia in Italia, escluse le attività legate al trasporto e alla lavorazione di prodotti come carne e latte, non contribuisce all’aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera, ma le diminuisce, anche se di poco, essendo il saldo tra le quantità di CO2 prodotte dal bestiame e quelle fissate nell’utilizzo per la loro alimentazione nettamente a favore di quest’ultima.
Dunque, basterebbe aumentare la superficie adibita alla coltivazione di erba medica di 2,6 volte per eguagliare l’equivalente di CO2 prodotta dagli allevamenti e quelli fissati nel foraggio, sostiene la ricerca di Roberto De Vivo e Luigi Zicarelli, pubblicata il 5 marzo 2021 su Translational Animal Science. Spiega a margine della premiazione De Vivo, secondo il quale, in buona sostanza, gli allevamenti andrebbero dunque stralciati dai piani anti-smog delle Regioni come l’Emilia-Romagna: “I media e certe associazioni tendono a fare disinformazione, a volte, sull’impatto ambientale dei prodotti di origine animale, in particolare nel campo dei gas serra. Le attività zootecniche e agricole, in realtà, dovrebbero essere escluse dalle attività antropiche responsabili della diffusione e dell’aumento dei gas serra in atmosfera. Oltre al fatto che tutti gli altri processi industriali hanno un ciclo del carbonio unidirezionale, dal sottosuolo verso l’atmosfera, la zootecnia e l’agricoltura invece- spiega il ricercatore- hanno un ciclo di carbonio che consente prima un’emissione e poi una fissazione, sottraendolo all’atmosfera”, dice alla Dire. Quello che viene immesso, quindi, viene anche riassorbito. E in termini di gas serra è più efficiente sottrarre CO2 dall’atmosfera che emetterne meno oppure emettere meno metano, “e questo perché l’emivita del metano, il tempo di vita nell’atmosfera, è molto minore di quello dell’anidride carbonica”, aggiunge De Vivo.
(Fonte: Agenzia Dire)