Continua la polemica attorno al futuro della cava di gesso di Monte Tondo, ai confini del Parco della Vena del Gesso. E proprio contro il Parco è diretta oggi la nuova lettera pubblica firmata dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna. Lo scorso 6 ottobre infatti si è tenuta la Giornata Internazionale della Geodiversità. Lo scopo della giornata è “di sensibilizzare la società sull’importanza che la natura “non vivente” ha per il benessere e la prosperità di tutti gli esseri viventi sul pianeta”

Sulla propria rivista online “Cristalli News”, l’Ente Parchi e Biodiversità Romagna ha pubblicato la seguente nota: “Non possiamo che unirci alla celebrazione della geodiversità, in quanto le aree protette della macroarea Romagna hanno una forte caratterizzazione geologica che raggiunge l’apice con il Parco della Vena del Gesso Romagnola”.

“Fa davvero specie che l’Ente Parco si richiami a questi principi e, allo stesso tempo, taccia colpevolmente sul futuro della cava di Monte Tondo che da decenni irreversibilmente distrugge la splendida geodiversità della Vena del Gesso” ha quindi commentato polemicamente la nota la Federazione Speleologica.

“Infatti, ad oggi, nonostante le ripetute richieste da noi avanzate, l’Ente non si è per nulla dimostrato “sensibile… all’importanza della “natura non vivente””. Non ha profferito verbo sulla Cava di Monte Tondo e sul fatto che “l’area estrattiva ha profondamente e in modo irreversibile alterato e modificato la situazione originaria dell’affioramento della Vena del Gesso” e che quindi continua a distruggere la sua geodiversità” continua la Federazione.

Gli speleologi avanzano diverse richieste:

“Chiediamo all’Ente e a chi lo dirige di dire finalmente se intende respingere la richiesta di Saint Gobain che chiede, nell’ambito della revisione del PIAE, di autorizzare l’estrazione di ulteriori 2.400.000 metri cubi, ampliando l’attuale area estrattiva distruggendo così geodiversità e biodiversità.
In altre parole, chiediamo all’Ente di opporsi oggi ad ogni ulteriore ampliamento della cava e conseguente distruzione di quel meraviglioso paesaggio geologico che è la Vena del Gesso. Chiediamo che esso svolga le funzioni che gli sono state assegnate dalla Legge Regionale di “Istituzione del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola.” di essere quindi coerente con le proprie finalità che sono “… la conservazione, la riqualificazione e la valorizzazione dell’ambiente naturale e del paesaggio, delle specie floristiche e faunistiche, delle associazioni vegetali, delle zoocenosi e dei loro habitat, dei biotopi e delle formazioni ed emergenze geologiche e geomorfologiche di interesse scientifico, didattico e paesaggistico…

Chiediamo poi all’Ente, che ha il compito, per legge, di vigilare sulla tutela degli elementi naturali, di farlo una volta per tutte e gli rammentiamo che è vietata “la modifica o l’alterazione del sistema idraulico sotterraneo” … “la modifica o l’alterazione di grotte, doline, risorgenti o altri fenomeni carsici superficiali o sotterranei” ovvero di quelle geodiversità che caratterizzano la Vena del Gesso e che oggi la cava distrugge con il silenzio complice del Parco della Vena del Gesso.

Chiediamo poi all’Ente quale parere intenda dare, nell’ambito della procedura del “Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale” in merito alla richiesta avanzata da Saint-Gobain di una proroga dell’attività sino al 2028 nell’attuale area stabilita dal PIAE vigente. Ricordiamo che tale attività può comportare la “modifica o l’alterazione di grotte, doline, risorgenti o altri fenomeni carsici superficiali o sotterranei” che ribadiamo è vietata.

Chiediamo poi all’Ente di sollecitare la Provincia di Ravenna a concludere la procedura di revisione del PIAE, iniziata ben quattro anni fa, recependo lo scenario B come raccomandato dallo studio dell’agosto 2021 commissionato dalla Regione (fermo restando l’assoluta conservazione dei fenomeni carsici epigei e ipogei) e cosi essere coerenti con quanto pattuito oltre 20 anni fa tra tutte le parti in causa.
Chiediamo all’Ente di operare fattivamente per il buon esito della Candidatura UNESCO a Patrimonio Mondiale dell’Umanitàdel “Carsismo nelle Evaporiti e Grotte dell’Appennino Settentrionale” garantendo che le aree candidate, condivise da tutte le amministrazioni locali compreso l’Ente stesso, non siano soggette a futura distruzione. Vogliamo qui rammentare che questa candidatura è centrata appunto sulla geodiversità dei luoghi proposti.
Noi riteniamo che il futuro di queste vallate non sia la distruzione indiscriminata di quanto vi è di più prezioso, ma un’attenta conservazione di questi straordinari ambienti e ci auguriamo di avervi ancora al nostro fianco, inaugurando nuovi paradigmi culturali per far sì che la Vena del Gesso sia definitivamente liberata dalle cave e dopo 63 anni si decida quindi di chiudere anche quella di Monte Tondo”.