Il fallimento del modello della nostra società presenta il suo conto. Si tratta di un conto salato. E i soldi se li sono già intascati i campioni di un modello che prevede sempre e solo di portarsi a casa tutto e subito senza guardare al domani né agli altri. Il racconto mitologico è che, per magia, lasciato libero di far ciò che vuole, il dio mercato, attraverso l’arricchimento dei singoli, produrrà il benessere dell’intera società. Balle. I campioni fissano il prezzo e la collettività lo paga. Sempre. Funziona così il liberismo.
Negli ultimi anni il movimento si è accelerato e riguarda la stragrande maggioranza del mondo con poche, pochissime, eccezioni. «L’arricchitevi» di Deng ha pienamente sviluppato i suoi effetti a livello planetario. In 2 anni di pandemia i dieci uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari, al ritmo di 15.000 dollari al secondo, ossia 1,3 miliardi di dollari al giorno. Il prezzo? 163 milioni di persone nello stesso arco di tempo sono piombate nell’indigenza. Di queste, 1 milione sono italiane. Da noi, i 40 più ricchi pesano quanto il 30% della popolazione, ovviamente di quella che è spinta nella fascia più povera proprio per permettere ai ricchi di essere sempre più ricchi.
La pandemia, o almeno il suo costo nelle nostre vite, è dovuta al nostro modello sociale. Se si fosse arrestata immediatamente la produzione nelle fabbriche della bergamasca prima e dell’Italia poi la storia sarebbe stata diversa. Se i governi non avessero fatto di tutto per continuare esattamente come prima, senza modificare il modello dei trasporti, della scuola, della produzione, del commercio, non saremmo nelle condizioni per cui la prossima pandemia ci colpirà esattamente come l’attuale. La sanità pubblica piegata agli interessi economici dei privati non sarà capace di fronteggiare le criticità domani come non lo è stata oggi. Dichiaravano che avrebbero cambiato tutto e non stanno cambiando niente.
La dipendenza da fonti energetiche che stanno distruggendo il pianeta è figlia di questo modello, che fa i salti mortali per continuare a utilizzare il fossile in tutte le sue salse, rispolverando perfino il carbone in queste ore. La guerra stessa è figlia di questo modello e poco importa che, di volta in volta, ad implementarlo sia chiamato un presidente a vita dell’est o un presunto democratico dell’ovest. Dove sono le Nazioni Unite che nel mondo nato dalla seconda guerra mondiale avrebbero dovuto risolvere i problemi che la Società delle Nazioni non era riuscita ad affrontare dopo la prima?
I sindacati confederali hanno promosso una manifestazione in Piazza del Popolo domani alle ore 18.00, un presidio per la pace, perché «a pagare le conseguenze di scelte stolte saranno come al solito civili inermi con un inutile prezzo di vite umane». Ravenna in Comune aderisce. Contro la guerra, questa e le altre in corso. Soprattutto contro chi queste guerre vuole, promuovendo acquisti di armi, togliendo risorse ai servizi per darle agli eserciti. Contro chi in Italia e all’estero cerca di perpetuare l’ordine costituito che prevede ci siano sempre dei nuovi perdenti da aggiungere a quelli precedenti. Delle nuove vittime, della sanità, del lavoro, della violenza, in cambio dell’accumulo della ricchezza nelle mani di pochi. Ravenna in Comune sarà in piazza per una pace giusta.