È iniziata in sordina, con un appello al governo dei sindaci di Cento e di Bologna, la “protesta” dei primi cittadini italiani contro i rincari delle bollette di elettricità e gas. Una “protesta”, che ormai tiene banco da più di due settimane, è scaturita -, sospettiamo – più dalla paura che il governo fosse “ideologicamente” più disponibile a rispondere alle richieste e agli psico ricatti degli imprenditori che alle “reali” preoccupazioni dei cittadini e ai disequilibri che l’improvviso rialzo dei prezzi dell’energia provoca nei già deboli, precari e, in taluni casi, disastrati bilanci degli Enti Locali.

Noi, per natura e convinzione ideale, aprendo la campagna nazionale contro il “Caro Bollette”, non abbiamo avuto alcun dubbio a prendere subito le parti dei lavoratori, dei pensionati e delle migliaia di famiglie ridotte dalla precarietà del lavoro al limite della sopravvivenza e a sostenere di conseguenza le ragioni avanzate dai sindaci preoccupati di non poter far fronte agli aumenti ingiustificati (ma non del tutto imprevisti) di luce e gas, impossibilitati a garantire i servizi essenziali ai loro concittadini.

Per questo, però, – dopo aver passato (inascoltati) tutto il tempo della campagna elettorale per le amministrative ad evidenziare la necessità di una rapida transizione energetica fuori dal fossile – ci permettiamo di evidenziare al primo cittadino di Ravenna e ai suoi sostenitori nel campo della sinistra “confusa” alcune incongruenze tra le cose dette e le scelte operate.

Solo alcuni sprovveduti, infatti, possono continuare a raccontare che l’aumento del prezzo del gas sia figlio dei venti di guerra auspicati dall’alleato d’oltre oceano e non dei pesanti rincari che erano stati preannunciati già alla fine dell’estate quando, terminato il lockdown stava ripartendo la produzione in Asia e la Cina, soprattutto, aveva iniziato a fare incetta di partite di gas pagandolo “a qualsiasi prezzo”.

Così come non sono in molti a raccontare ai cittadini che il prezzo del gas aumenta anche perché in tutta Europa se ne fa un uso smodato per il riscaldamento di case e uffici e per sostituire il carbone nelle centrali elettriche, per cercare di rendere “omaggio” alle decisioni sul cambiamento climatico e abbattere le altre emissioni più inquinanti.

Ecco, allora, chiarito che il prezzo aumenta perché in realtà il combustibile fossile inizia a scarseggiare e i paesi più forti sono scatenati nell’accaparrarselo e che al nucleare “pulito” (a cui siamo fermamente contrari perché al momento semplicemente non esiste e che da noi non sarebbe disponibile prima d’una quindicina d’anni) i primi a non ci crederci più sono quelli che per deontologia professionale dovrebbero metterci i soldi, evidenziamo come la soluzione prospettata da de Pascale, di incrementare la produzione in Adriatico, suona ridicola se solo si prendono in considerazione due numeri: quello della produzione e quello del consumo che in un anno di crisi come il 2020 (fonte CIA, World Factbook), in Italia, erano pari, rispettivamente, a: 5 miliardi e mezzo e oltre 75 miliardi di metri cubi. Non v’è chi non veda, dunque, che anche raddoppiando o addirittura triplicando la produzione, come chiede di poter fare il sindaco di Ravenna (con buona pace degli “ambientalisti” che lo sostengono a Palazzo Merlato), l’obbiettivo sarebbe lontanissimo e inefficace sul prezzo finale. Senza contare che, stando ad alcune fonti nazionali, le scorte sepolte in mare Adriatico sarebbero pari a 90 miliardi di metri cubi poco più.

È partendo da questa riflessione e “simpatica” polemica con il nostro primo cittadino, che gli chiediamo di fare quello che un sindaco può fare davvero e, soprattutto, subito: mettersi a capo, cioè, della sua Comunità per guidarla verso una serena Transizione di Sistema. Costruire, in poco tempo una “smart city” che faccia del solare la fonte di un nuovo modo di: scaldare le case; muoversi collettivamente e privatamente; illuminare le strade; riscaldare e far funzionare tutti i servizi del Comune e quelli ad esso connessi. Insomma costruire – di esperienze in Italia e in Europa ve ne sono – una vera e propria “Comunità Energetica Solare” di cui il Comune sia il capo fila mettendo a disposizione dei cittadini associati con i loro singoli impianti fotovoltaici, tutte le “eccedenze” non utilizzate direttamente ma prodotte grazie alla copertura di tutti i tetti, terrazze, lastrici solari di sua proprietà o di strutture ad esso riferite.

Altro che aumentare le estrazioni. Con le Comunità Solari non solo si risolve oltre il 60 per cento della causa d’inquinamento da agenti climalteranti (20 per cento il trasporto, 60 per cento gli usi domestici) ma si liberano – almeno nella fase di transizione – una parte dei metri cubi di gas per gli usi industriali (20 per cento sul complesso delle emissioni) liberati dai risparmi sul trasporto pubblico e privato e dagli usi domestici (riscaldamento). Le Comunità energetiche solari, infine, auto produttrici di energia aumentano la possibilità e il mercato delle rinnovabili a vantaggio di tutto il Paese.

Rimane la questione di dare una risposta a chi, oggi, non è in condizione di pagare bollette dal mille e passa euro e, in questo i sindaci non possono pensare solo a come illuminare i monumenti senza svenare i bilanci comunali. A tutti loro e, in particolare al sindaco di Ravenna, chiediamo di mettersi a capo della sua comunità per rivendicare dal governo che intervenga immediatamente contro il caro bollette: bloccando gli aumenti; tagliando i profitti delle grandi aziende che distribuiscono e vendono il gas e l’energia elettrica; colpendo la speculazione finanziaria sui meccanismi di formazione dei prezzi di gas ed elettricità; eliminando oneri di sistema obsoleti; dare finalmente un taglio ad accise, addizionali regionali e iva, tasse pagate in prevalenza dai ceti popolari.

Se poi volesse strafare, de Pascale e tutti i suoi alleati potrebbero, insieme a noi, rivendicare la realizzazione di un sistema di copertura automatica di salari e stipendi così da risolvere anche gli aumenti indotti e dare una speranza di vita migliore a milioni di lavoratori poveri, pensionati e giovani precari. Noi, anche se fuori dal Comune, la nostra parte la faremo tutta anche senza di loro!