“Nei drammatici giorni dell’arrivo dell’unità FRSU del rigassificatore, i cui impatti ambientali ed economici saranno a carico dei ravennati per i prossimi decenni, si sprecano le concomitanti azioni di “compensazione” e, a nostro parere, di “distrazione”. Spicca il “parco” da 90 ettari a Punta Marina a quasi 9 milioni di euro, un progetto di ricostruzione fasulla di cui non è stato piantato, all’oggi, un solo cespuglio, mentre i luoghi veri, i preziosissimi 500 ettari di Ortazzo e Ortazzino, acquistabili a 10 cent a mq nel 2023, vengono prima “dimenticati” dagli Enti pubblici che dovevano far valere la prelazione, e di recente rivenduti ai privati (zona C), salvo poi andare a “trattativa” pubblico-privato (zona A e B) per non finire, presumiamo, in un giudizio al Tribunale dall’esito molto incerto. 9 milioni di euro per un “parco” posticcio compensativo dei danni a Punta Marina, contro i 500 mila non spesi per acquisire un patrimonio di biodiversità vero, Ortazzo Ortazzino, costituito da habitat ormai rarissimi: un costo al mq di ben 100 volte tanto.
Si continua con l’ultima annunciata operazione di spostamento del Monumento ai Caduti del Mare, rappresentato da un Marinaio, pregevolissima scultura del Maestro ravennate Giannantonio Bucci commissionata poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale dall’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Temi che possono forse far sorridere, rispetto alla complessità e all’impatto di quelli che incombono sul territorio ravennate, ma che comunque mettono a rischio, con inspiegabile nonchalance, patrimonio pubblico e pubblici denari.
Come più volte ricordato, lo spostamento della statua è incompatibile con il materiale con la quale essa è realizzata. Il travertino è pietra molto porosa, che in pochi anni di permanenza ove dovrebbe essere collocata, cioè in riva al mare, verrebbe irreversibilmente danneggiata dall’aerosol marino. Il mantenimento potrebbe forse essere garantito da una continua opera di manutenzione, ovviamente costosissima e in ogni caso impattante sull’opera stessa. Quando poi si tratta di eseguire manutenzioni costanti, pochi hanno dubbi su come si concluda la faccenda.
Ora, trattandosi di un’opera d’arte di altissimo livello e significato di proprietà del Comune di Ravenna e, dalle informazioni in nostro possesso, risalente al 1954, essa risulta già dichiarata bene culturale ope legis in quanto opera pubblica realizzata da autore non più vivente più di 70 anni fa. Qualsiasi operazione su di essa va quindi attentamente valutata e, soprattutto, autorizzata con cognizione di causa dagli Enti competenti sui Beni Culturali.
Al momento non ci risultano valutazioni sul tipo di compatibilità del materiale con il clima marino espresse dal Ministero, ovvero dalla Soprintendenza di Ravenna.
Italia Nostra invia con urgenza richiesta in merito. Al contempo, viene inviata richiesta di parere all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Il bellissimo Marinaio, nato per onorare i caduti in mare, non venga mandato a morire nuovamente, a corredo dell’operazione di ricostruzione, anch’essa fasulla, del “Parco delle Dune” di Porto Corsini. Se si vuole predisporre opere d’arte per “compensare” con denari pubblici, l’impatto della Stazione marittima messa da poco in vendita ai privati dall’Autorità Portuale, si indìca un concorso o si reperiscano sculture idonee. Solo per il basamento sul quale mettere a morte il povero Marinaio sono previsti lavori da quasi 90 mila euro, a carico dell’Autorità Portuale: si impieghino meglio i nostri denari per conservare e valorizzare le opere d’arte e non per distruggerle.”
Italia Nostra sezione di Ravenna
























































