“Ad un recentissimo approfondimento, svolto con l’ausilio di una pubblicazione e di numerose foto ad alta definizione della prima torre in fase di demolizione, è stato possibile approfondire la conoscenza delle torri Hamon ex SAROM dal punto di vista ingegneristico e strutturale.

L’articolo consultato èMateria, Simbolo, Tecnica. Torre di refrigerazione a camino iperbolico, stabilimento Dalmine, dell’arch. Giovanni Camoglio pubblicato nel 2020 sulla Rivista ARK, relativo alla torre dello stabilimento Tenaris-Dalmine, risalente al 1954, ora riconvertita e in uso alla Fondazione Dalmine. La torre è ben visibile nei pressi di Dalmine (BG) dall’autostrada A4 Torino-Trieste. E’ stato possibile confrontare l’immagine tratta dall’archivio ACMAR di una delle due torri SAROM in costruzione nello stesso periodo (la torre più a est è certamente presente nel 1957) con una pressoché identica immagine dell’Archivio Fondazione Dalmine della torre in fase di realizzazione. Nella pubblicazione si legge:“La tecnica di realizzazione era stata quella del cassero rampante per la quale, una volta preparate le sezioni basse della struttura (fondazione, pilastri e prima porzione dell’anello sovrastante i pilastri) la realizzazione avveniva per anelli concentrici l’uno sovrastante l’altro: in virtù di questo, la casseratura, la disposizione dell’armatura ed il getto del conglomerato avvenivano mediante la costruzione di ponteggi e carpenterie poggianti sulle sezioni precedentemente eseguite.Complessivamente, la sezione del mantello, che varia tra i 38 cm dell’anello di base e i 10 cm della sommità, e che già attorno ai 17 m da terra si riduce a 14 cm, fa sì che la struttura possa in buona sostanza reggere nulla più delle sue 2.200 tonnellate, nulla più di se stessa: in fin dei conti, il lavoro per il quale era nata”. Dunque, anche le torri di Ravenna non sono costituite di blocchi prefabbricati, ma di anelli concentrici sovrapposti di calcestruzzo armato interamente gettato in opera e vibrato dentro apposite casseforme. In poche parole, le torri per cui si sta compiendo la scellerata demolizione sono una sorta di gigantesca “scultura” di calcestruzzo armato a forma di iperboloide iperbolico, ovvero un guscio di poche decine di centimetri di spessore che svetta ad oltre 50 metri, “resistente per forma” e realizzato con una tecnica che potremmo dire “sartoriale”. E’ evidente che quindi rappresentino due straordinari e solidissimi manufatti di ingegneria civile applicata all’industria tramite la migliore e più avveniristica tecnologia costruttiva disponibile all’epoca; manufatti molto impegnativi e costosi, fatti per essere sottoposti a lavoro usurante e quindi evidentemente realizzati con le tecniche più performanti ed i migliori materiali disponibili. Tecnologie e manufatti che al giorno d’oggi non sarebbero più replicabili per i costi altissimi di maestranze specializzate che non esistono più.

Il fatto di essere gettate completamente in opera amplifica grandemente il loro valore storico, architettonico, ingegneristico, materico e testimoniale: com’è possibile lasciarle barbaramente distruggere con assoluta noncuranza e senza il minimo scrupolo culturale – segno, a quanto pare, della poca considerazione delle Istituzioni verso i cittadini – per la cospicua cifra di 1,3 milioni euro ciascuna, evidenziato anche che i manufatti sembrano tuttora in buone condizioni? Dunque, invitiamo l’Ordine degli Ingegneri di Ravenna ad esprimersi in merito alla possibilità di salvaguardare almeno una delle due torri che, alla luce degli approfondimenti, rappresenta un consistentissimo patrimonio della cultura industriale italiana e della tecnica del cemento armato di metà ’900. Invitiamo anche la Soprintendenza finora silente ad esprimersi doverosamente e con coraggio, visti i tempi ormai in scadenza.

Nel frattempo, le associazioni danno appuntamento in Piazza del Popolo martedì 16 aprile, dalle ore 14.45 alle 15.45, per un presidio in occasione del Consiglio Comunale.”

Italia Nostra sezione di Ravenna