“Grande festa in Comune per l’approvazione del Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e per il Clima, e nel frattempo Enel chiede di aumentare la produzione di energia da fonti fossili presso la centrale termoelettrica Teodora di Porto Corsini, ma su questo per ora tutto tace.

Ricordiamo i recenti scioperi dei lavoratori della centrale, che hanno evidenziato turni sotto organico e conseguenti rischi per la sicurezza di uno stabilimento posto in un contesto saturo di impianti ad alto rischio, come Bunge e PIR, a cui si affiancherà il deposito PIR di GNL da 20 mila metri cubi. Una centrale tornata da qualche anno a regime, che aspira a divenire fondamentale nel sistema elettrico nazionale e per la quale il Sindaco ha prontamente auspicato il collegamento con l’impianto di stoccaggio da 14 miliardi di metri cubi di CO2 in progetto per i giacimenti offshore ENI di metano a fine fase produttiva. E così, a luglio 2020 è stata avviata la procedura di potenziamento della centrale Teodora. Stando al progetto, per ognuna delle due unità produttive che costituiscono la centrale la potenza elettrica lorda passa da 380 a circa 410 MWe e la potenza termica da 645 MWt a 719 MWt, per un aumento di quasi l’11,5%. La centrale attualmente consuma 1,355 miliardi di metri cubi standard all’anno di combustibile fossile (metano) forniti da Snam ed è previsto un consumo futuro in base a quanto autorizzato nell’ Autorizzazione Integrata Ambientale, alla faccia della tanto decantata decarbonizzazione festeggiata anche in Consiglio Comunale. Dove sta la riduzione delle emissioni di CO2? La polvere sotto il tappeto con lo stoccaggio? Le emissioni di CO2, dopo la conversione della centrale da olio combustibile a gas avvenuta nei primi anni 2000, erano di circa 1,5 milioni di tonnellate annue, e oggi? Dal nuovo progetto, la portata dei fumi aumenterà di oltre il 9%, l’immissione in atmosfera di ossidi d’azoto (NOx) diminuisce, ma resta costante quella di monossido di carbonio. La scelta di adeguare l’impianto a minori emissioni dei dannosi NOx derivati dalla combustione di gas – scelta che presumiamo obbligata al fine di ottenere l’autorizzazione al potenziamento – comporterà l’emissione in atmosfera di ammoniaca, la cosiddetta “ammonia slip”, ovvero quella che non ha reagito nel sistema di abbattimento degli NOx. Ricordiamo che, in generale, le emissioni di ammoniaca possono portare ad un aumento delle deposizioni di acidi e livelli eccessivi di nutrienti nel suolo, nei fiumi o nei laghi, che possono avere un impatto negativo sugli ecosistemi acquatici e causare danni alle foreste, alle colture e ad altra vegetazione. L’eutrofizzazione può portare a gravi riduzioni della qualità dell’acqua con conseguenti impatti, tra cui una diminuzione della biodiversità, ed effetti tossici. Infatti, l’ammoniaca, che, tra l’altro, partecipa alla formazione del particolato atmosferico (PM-10 e PM-2.5), risulta molto tossica per gli organismi acquatici, con effetti sia a breve che a lunga durata. Certamente quello che ci vuole per la conservazione delle preziosissime e già compromesse zone umide (Pialasse, Punte Alberete, Valle Mandriole, ecc.) e della pineta San Vitale. Che ne sarà poi, della ricaduta degli inquinanti sugli abitati di Porto Corsini e Marina di Ravenna, che nel progetto non pare analizzata? Aggiungiamo, poi, un altro particolare molto preoccupante, ovvero che non sono stati dettagliati i possibili aumenti delle temperature delle acque sversate, attualmente a 34,5 gradi, nella Pialassa Baiona al termine del processo produttivo. Si tratta delle acque marine prelevate dal Candiano ed usate per il raffreddamento degli impianti. Infine, quali gli impatti sul traffico già insostenibile sulla Baiona delle autocisterne per il rifornimento di ammoniaca? Ci domandiamo se tutto ciò sarà ammissibile in un ambiente già saturo come il nostro. Tanti quesiti per un tema di cui per ora non è saputo nulla e per il quale saranno necessari molti chiarimenti.”