“Rinaldo da Concorezzo, contemporaneo di Dante Alighieri, appartenne alla famosa scuola dei giuristi dell’Università di Bologna e, come magister in diritto, frequentò la Curia romana intraprendendo un’importante carriera ecclesiastica che lo portò a ricoprire l’incarico di Vescovo di Vicenza e poi di Ravenna, ma anche di diplomatico di fama internazionale. Il suo capolavoro fu l’assoluzione dei Templari dell’Italia settentrionale nel Concilio di Ravenna, inquisiti e minacciati dello scioglimento del loro Ordine militare per volere di Filippo il Bello, re di Francia. In quell’occasione il Vescovo condannò la tortura e di fatto abolì la pena di morte inflitta da confessioni estorte con la tortura. Questo avvenne oltre settecento anni fa e Rinaldo fu il primo nel mondo occidentale ad agire in questa direzione. Non impedì la fine di quell’Ordine né la fine di queste pratiche inumane, ma in molti perseguitati all’epoca si rifugiarono a Ravenna e forse anche Dante ne fu attratto per questa rivoluzionaria decisione dell’arcivescovo Rinaldo che seppe creare a Ravenna un’oasi di civiltà giuridica. Pochi sanno che, come il suo più famoso contemporaneo fiorentino, anche lui si spese per incrementare l’uso della lingua volgare nel campo delle predicazioni. Rinaldo morì un mese prima di Dante e furono sepolti vicini.

Per la Ravenna  di oggi sarebbe stata un’occasione da cogliere per rivendicare questo suo primato nella storia dell’occidente e per dare un contributo in questa giornata alla lotta contro la pena di morte in un anno dantesco che non ha certo attribuito a Rinaldo da Concorezzo il riconoscimento che si merita. Per sanare questa dimenticanza, si potrebbe almeno ricordare la figura di Rinaldo riproducendo in mosaico la sua effige, già presente in un affresco nella chiesa di Santa Maria in porto Fuori, ma andato distrutto a causa dei bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. Lo proponemmo ancora più di un anno fa, inascoltati, in omaggio al Papa in occasione dell’udienza dedicata a Ravenna.”