“Le ultime vicende sulla costa – le centinaia di pini di Cervia, così come la devastante grandine di Pescara – ci confermano la gravità della situazione climatica, aggravata dalle scarse politiche di mitigazione e alla mancanza di visione nell’adattare gli ambienti urbani al nuovo clima sottolineando la necessità di delineare priorità economiche al contrasto del Rischio Climatico”.

A parlare è Legambiente, il giorno dopo gli ultimi eventi atmosferici che hanno interessato la provincia di Ravenna e che hanno danneggiato, oltre il Comune di Cervia, anche le coltivazioni dell’entroterra

“Anche in Emilia Romagna gli eventi meteorici estremi stanno colpendo a ripetizione: 27 nel 2018, la siccità estrema nel 2017 con il susseguirsi negli anni di ondate di calore e temperature record , grandinate e bombe d’acqua con continui danni all’agricoltura, le recenti esondazioni del Reno e del Savio, trombe d’aria e downburst e le numerose mareggiate con fenomeni di erosione costiera inarrestabile.

Se spesso l’attenzione è rivolta ai fiumi, nessuna area del territorio è risparmiata dal rischio climatico. Difatti il 63,7% della popolazione in Emilia Romagna è esposta a rischio alluvione secondo ISPRA. In particolare sulla costa i problemi sono gravi e troppo spesso dimenticati.

Guardando alla fragilità del nostro litorale, la stessa comunità scientifica evidenzia numerosi problemi: il rischio ingressione marina e del cuneo salino e la sempre maggiore frequenza di mareggiate. Assistiamo ad una miscela esplosiva: la somma di subsidenza, innalzamento del mare e mancanza di apporto solido dai fiumi sempre più artificializzati prefigura uno scenario di disastri economici, sociali ed ambientali.

“Non si potrà continuare come se nulla fosse – sottolinea Legambiente – la strategia di ripristinare i danni e chiedere lo stato di calamità si scontrerà con la mancanza di risorse”.

Se da una parte dunque gli scenari devastanti avanzano in modo veloce, dall’altra un’ampia parte di interessi economici vede la costa solo come la frontiera per guadagnare sulle fonti fossili.

Nel pieno della crisi climatica ENI, la principale azienda energetica controllata dallo Stato, in Emilia Romagna manifesta un impegno sulle energie rinnovabili praticamente assente.

“Rispetto alla quantità di energia ottenuta dall’estrazione del gas, in particolare a mare, la percentuale di rinnovabili prodotta da ENI è assolutamente esigua – denuncia Legambiente – un valore considerevolmente inferiore allo 0,1% rispetto l’energia fossile”.

Una inadeguatezza dell’azienda ma anche un fallimento della politica che continuamente rivendica la centralità dell’Emilia Romagna sul settore energetico tradizionale, ma che non è stata in grado di ottenere di più sulle energie verdi.

“E’ arrivato il momento di riconoscere ed inserire seriamente la riconversione energetica e l’adattamento e mitigazione al rischio climatico nelle priorità delle nostre Amministrazioni, su tutti i livelli” – conclude Legambiente.

Scelte che comportano sì delle politiche adeguate, ma parrallelamente una rinnovata consapevolezza dei cittadini e un ribaltamento degli stili di vita quotidiani”.