Studente picchiato a scuola a Lugo, la dirigente Elettra Stamboulis rompe il silenzio attraverso il suo profilo di Facebook che qui riportiamo:

“Dopo due alluvioni, è arrivata anche l’ondata di fango mediatica. Ringrazio chi in questi giorni mi sta mandando messaggi e lettere di solidarietà. La prima è stata la mia ex preside, che conoscendo la scuola e il ruolo non ha avuto nessun dubbio sull’accaduto. Poi altri dirigenti, docenti, tanti, tutti i genitori eletti al consiglio d’istituto, gli studenti della scuola che dirigo ma anche miei ex studenti, genitori di alunni con difficoltà, direttori di enti che collaborano con la scuola. Vi ringrazio veramente perché come mi ha scritto un mio ex studente “Nelle difficoltà ci si demoralizza e ci si sente un po’ soli e un apprezzamento può essere utile”, grazie Marco perché mi hai mostrato che forse ti ho insegnato, oltre a scrivere, anche l’importanza dell’empatia. La macchina del fango però lavora senza sosta. E fa male, credetemi. Anche a noi adulti: mi sento lesa nella dignità personale e professionale. Penso però ai ragazzi coinvolti nell’episodio in cortile: come possono stare? Giudicati, etichettati, “puniteli senza esitare, buttateli fuori da scuola” dicono i giudici da tastiera. Hanno 14.15,16 anni. Sono minori, ragazzini. E se qualcuno vivesse male questo pubblico giudizio e facesse un gesto estremo? Pensiamo che il bullismo sia solo quello tra ragazzi? Noi stiamo ricostruendo i fatti con cura, ascoltando i testimoni, oltre agli attori coinvolti che peraltro subito hanno raccontato una versione un po’ diversa da quella raccontata dalla stampa. Come sempre facciamo, ci saranno le sanzioni disciplinari, che prevedono in questi casi il diritto alla audizione dei ragazzi. Nel procedimento sono coinvolti anche i docenti il personale scolastico i genitori e gli alunni eletti nel consiglio di istituto che ascoltano con me. Si vota insieme perché la scuola è uno spazio democratico e non è un tribunale. Invierò, come facciamo sempre in questi casi, la relazione con le testimonianze al procuratore, che poi vaglierà nelle sue indagini se è in che misura c’è un reato. Noi non siamo giudici, siamo educatori.
C’è una ragione per cui i video delle telecamere di sorveglianza sono visionati solo dalle forze dell’ordine e non possono essere condivisi: perché loro fanno indagini e ricostruiscono i fatti da molti elementi. Qui invece un video fatto da un ragazzino è stato buttato in pasto al pubblico del web. Posso dire senza esitazioni che non abbiamo come istituzione nessuna colpa: non possiamo prevedere una rissa tra studenti, nata per futili motivi, abbiamo chiamato subito ambulanza anche se i due ragazzi più colpiti non volevano, abbiamo subito istruito i procedimenti disciplinari previsti. La zuffa è nata perché chi poi ha riportato più danni ha schiaffeggiato un compagno, questo dettaglio nessuno lo riporta: anche in questo caso dobbiamo subito trovare colpevoli, ha iniziato lui e quindi è colpa sua? Dobbiamo etichettarlo perché ha già una denuncia per lesioni? La violenza è sempre terribile, soprattutto vista in un breve video. Però prima di giudicare bisognerebbe aspettare almeno di ricostruire i fatti. Subito dopo erano insieme a lavarsi la faccia. Insieme. Questo non compare nel video ovviamente. Non volevano andare a parlare con la vice preside, perché per loro era finita. Certo, chi ha colpito nel mucchio sarà sanzionato in forma più grave. Ora invece le loro vite, quelle di tutti, sono sconvolte. Per questo non rilasciamo più interviste, non andrò in televisione, per proteggere con il silenzio dei ragazzini e le loro vite, per proteggere la scuola da questa ennesima alluvione. In paese si conoscono tutti, tutti sanno chi sono i coinvolti. sono scossi anche tutti i ragazzi e le ragazze della scuola, per non parlare dei docenti e del personale scolastico. Ci vorrà del tempo per riprendersi e spero di trovare la forza per fare ogni giorno quello che faccio da 25 anni, aiutare i ragazzi a crescere e trovare una strada, anche quelli difficili, anche quelli che sbagliano. Questo è il compito dell’educazione come diceva Don Milani, “Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Gli allarmi suonano: sì e stiamo lavorando da due anni per capire come fare. Anno scorso avevamo intercettato una ragazzina, di prima. Così aveva smesso. Quest’anno qualcun altro ha iniziato: no, non si può disinstallare perché il rischio di incendio è peggio dell’evacuazione. Ho fatto riunioni con la provincia, con il comune con il nostro RSPP. Tutti dicono bisogna lasciare come è. Stiamo allora valutando di mettere le telecamere, ma anche quello è molto complesso per i vincoli del garante della privacy. Soprattutto non si fa in un giorno.
L’immagine del cartongesso sfondato: l’autore è un alunno del tecnico e i genitori stanno risarcendo. Va in prima pagina?
E no, non mi vergogno di lavorare ogni giorno insieme a un team di insegnanti e personale scolastico straordinari in questo difficile compito. Di farlo nel rispetto totale delle leggi e nello spirito della costituzione.
Prima di partire da Cipro dove ero andata per supervisionare il progetto di PCTO di trenta alunni della scuola, ciascuno di loro mi ha voluto abbracciare. Loro capiscono quando si ha bisogno. Mi porto dentro quegli abbracci e cerco di dimenticare gli insulti e le accuse.”