La Provincia di Ravenna ha eletto il presidente e il nuovo Consiglio provinciale. Questi enti di ‘secondo livello’ che non hanno certamente avuto un percorso lineare, hanno visto svanire i propri obiettivi di risparmio e di operatività lasciando per molto tempo indefiniti funzioni e risorse, e il colpo di grazia l’hanno subìto nel dicembre del 2016 con il referendum Renzi.
Di certo sono considerati enti fragili compressi fra Comuni e Regione e di fatto le loro competenze si limitano alla gestione di buona parte di strade del territorio e degli edifici scolastici superiori.

Insomma resta un’istituzione ibrida che limita la propria attività nella gestione ordinaria con un ruolo timido di coordinamento. Invece, come ho già avuto modo di affermare, non si legge da nessuna parte la volontà politica di un raccordo organico con le altre province romagnole, con obiettivi di integrazione e di razionalizzazione delle spese in un quadro di reale sinergia e di confronto.

S’intuisce, infatti, la volontà di lasciare tanti campanili, quasi dimenticando, ad esempio, le competenze della provincia in materia di sanità in un quadro di area vasta romagnola. Assistiamo al paradosso che il presidente della Provincia che è anche sindaco del comune di Ravenna e presidente della Conferenza socio sanitaria territoriale cui fanno capo Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, dovrebbe incentrare il proprio programma provinciale con un’attenzione maggiore e particolare riservata alla sanità di Area Vasta.

Settore non certo marginale per il territorio e di cui si discute poco o non si discute proprio, lasciando in capo al presidente De Pascale ogni competenza e decisione d’intesa con il direttore generale dell’azienda Usl in una sorta di gestione monocratica.

Si perderanno, insomma, altri due anni con il risultato di lasciare invariata la situazione attuale, che a mio parere contravviene allo spirito del legislatore orientato, piuttosto, alle collaborazioni interistituzionali e ad una progettualità di rete operativa e funzionale fra enti.

Concetto ben presente a tante associazioni di categoria che hanno fatto da apripista in una reale logica di massimizzare l’efficienza e la performance complessiva senza trascurare l’economicità e i costi.