“La vicenda della distruzione delle Torri Hamon è l’esempio in negativo di cosa non siano buone pratiche di amministrazione. Il comportamento di Sindaco e Giunta è stato, appunto, esemplare nel dimostrare come, se solo si voglia, si riescano a fare le cose presto e bene. Quello che si voleva era tirarle giù, senza lasciarne traccia, in un tempo talmente rapido da non consentire alcuna reazione, e questo si è ottenuto. Se la stessa buona volontà, rapidità e dedizione al perseguimento dell’obiettivo l’Amministrazione de Pascale, in questi due mandati, l’avesse messa a servizio della comunità ravennate, probabilmente, vivremmo in un territorio più sano, sicuro e anche bello di quello che abitiamo. Invece buona volontà, rapidità e dedizione al perseguimento dell’obiettivo il centrosinistra li ha messi al servizio di quanto si riproponevano ENI e Autorità di Sistema Portuale. Più precisamente il potere politico locale (ma non è che l’opposizione, a parte qualche eccezione, abbia avuto diverso comportamento) si è proprio messo in ginocchio, al completo servizio del cane a sei zampe e di sua maestà portuale.

«Le torri Hamon sono state annientate senza alcun motivo plausibile, con uno sfregio gratuito e incancellabile a Ravenna e a tanti cittadini: la vergogna di una città che fu culla di culture, sede della prima Soprintendenza d’Italia e fonte della prima legge italiana per la tutela del paesaggio, prende la forma di questa arrogante disfatta. Su tutti, il main sponsor del Ravenna Festival, l’ENI, ha sovrastato ogni strumento di governo del territorio – il PUG – e di dibattito democratico, ogni richiesta di ripensamento e di salvezza almeno per una delle due. Altrove recuperate, qui distrutte. ENI, che tanto ha preso in oltre settant’anni dal nostro territorio, partecipata statale dai profitti stellari, non ha voluto ascoltare, e nessuno di chi poteva, ha parlato». Così, come Ravenna in Comune, abbiamo condiviso in un comunicato con il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”, Italia Nostra sezione di Ravenna, Potere al Popolo di Ravenna, Circolo “Chico” Mendes di Bologna, Rete Nazionale Lavoro Sicuro e il Collettivo La Comune. Lo si può leggere integralmente sul nostro sito e su quello di Italia Nostra che l’ha promosso.

Tante le voci che si sono levate per arrestare quanto era già in moto. Tanti anche, però, i silenzi di chi in precedenza ne aveva invece chiesto la tutela. Tra gli altri il Muti e la Mazzavillani. Il Ravenna Festival, a quanto si è saputo, aveva già avviato un progetto per l’edizione del prossimo anno. «Una sorta di “requiem” con grandi proiezioni sulle torri e una colonna sonora appositamente realizzata» ha confermato Franco Masotti, della direzione artistica del Festival. Ma nemmeno questo, né gli espliciti inviti a prendere posizione, è servito a scuotere l’incarnazione bicefala in terra del festival dal suo mutismo.

Per lasciare un segno, perché non ci si dimentichi così facilmente dell’ennesimo sfregio arrecato a Ravenna, si è proposta un’azione di boicottaggio culturale. Si è scelto il Ravenna Festival di cui forse non casualmente ENI e l’Autorità di Sistema Portuale figurano, come detto, tra i principali sponsor.

«La tutela delle torri Hamon avrebbe rappresentato un gesto concreto con cui assicurare alla città e al suo porto una risorsa da mettere a frutto, un patrimonio testimoniale, culturale, architettonico e tecnico unico e straordinario, e di conseguenza avrebbe garantito anche la bonifica dei suoli contaminati dell’ex raffineria SAROM ad oggi incompleta; suoli che a breve diventeranno patrimonio pubblico, acquisiti con pubblici denari dall’Autorità Portuale. Ricordiamo che invece le torri erano manufatti per il raffreddamento e recupero dell’acqua e non contenevano tracce di amianto.

Stanchi di effimere messe in scena, invitiamo tutti i cittadini che abbiano a cuore il patrimonio culturale materiale a dare un segnale forte e a disdegnare la partecipazione alla nuova edizione del Ravenna Festival».

«Non stiamo parlando delle piramidi» ha detto delle torri Hamon il presidente dell’ente porto. E allora smettiamo di inchinarci al faraone, aggiungiamo noi di Ravenna in Comune.”

Ravenna in Comune