Prima la segnalazione arrivata da alcuni lavoratori portuali, poi la presa di posizione congiunta delle istituzioni locali. Comune di Ravenna, Provincia e Regione Emilia-Romagna – azionisti della società Sapir, che gestisce il principale terminal operator della Darsena San Vitale – hanno chiesto ufficialmente di impedire il transito di due container di esplosivi diretti al porto israeliano di Haifa. La società ha accolto la richiesta, bloccando le operazioni di imbarco e predisponendo il trasferimento via camion dei container fuori dallo scalo ravennate.
«Ieri sera – ha dichiarato il sindaco Alessandro Barattoni – grazie al coraggio di alcuni lavoratori siamo stati informati dell’arrivo di due container classificati come esplosivi. Abbiamo immediatamente chiesto a Sapir di valutare ogni azione giuridica per evitare il passaggio di armi destinate a paesi in conflitto o a scenari di violazioni dei diritti internazionali».
La vicenda ha acceso il dibattito politico a livello nazionale. In Senato, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiarito che «non si tratta di armi e munizioni italiane» e che «non serve alcuna autorizzazione governativa per quanto parte dai porti». Una versione che non ha convinto il centrosinistra. La segretaria del Pd Elly Schlein ha espresso «pieno sostegno» alle istituzioni romagnole e ammonito l’esecutivo: «Se esistono modalità per far transitare comunque armamenti attraverso i porti italiani, il Governo deve attivarsi per impedirlo».
Sulla stessa linea il presidente della Regione, Michele de Pascale, che ha ribadito l’appello alla premier Giorgia Meloni e alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: «Non possiamo contribuire ad armare chi viola i diritti umani. In Emilia-Romagna sappiamo da che parte stare: con le vittime innocenti e non con governi criminali o organizzazioni terroristiche».
Critico anche il Movimento 5 Stelle: il senatore riminese Marco Croatti, impegnato nella Global Sumud Flotilla diretta a Gaza, ha chiesto un «embargo totale sul modello spagnolo», accusando l’esecutivo di «complicità con il genocidio in corso».

























































