Mentre tanti cittadini assistono allo strazio della pinza che lentamente distrugge la struttura delle torri – evidentemente, nel complesso, ancora solidissima – mettendone a nudo le caratteristiche strutturali e la perfetta linea architettonica, ancora non ci arrende al fatto che la demolizione stia avvenendo con le modalità di un blitz, e che nulla trapeli né sui dettagli della vendita dei terreni da ENI all’Autorità di Sistema Portuale per quasi 8 milioni di euro, né del progetto di impianto fotovoltaico con fondi PNRR, di cui si vede solo un rendering che potrebbe essere riferito ad un luogo qualunque.

E’ proprio rispetto alla perdita luogo, con le sue caratteristiche ormai organiche alla città e alla sua storia, che i cittadini sono increduli. “Io ne sentirò la mancanza – commenta un cittadino – Non tanto per un fatto estetico ma per le tante pagine (spesso brutte ma non solo) di storia della nostra città. Mio figlio non ne sentirà la mancanza, e questo mi dispiace”. Al di là di chi le ha viste da vicino e ne riconosce le forme perfette, l’acustica eccezionale, l’intensità evocativa, le ardite caratteristiche ingegneristiche e strutturali, le potenzialità di un recupero, sembra questo il tema che accomuna tanti i cittadini: quello di una perdita, di una rimozione che avviene senza spiegazioni come un’imposizione irrevocabile dall’alto. Perché? Anche per la navigabilità del Candiano si disse che era impossibile perché il contesto è altamente industrializzato. Eppure, poi, anche la navigazione a fini turistici è stata possibile. Si parla di terreni inquinati che renderebbero impossibile la fruizione: ma allora, perché il sito (ed anche i terreni), identificato dal codice 08039014116, viene dichiarato “bonificato” da ENI Rewind SpA sul sito della RegioneEmilia-Romagna dedicato all’anagrafe dei siti contaminati? L’elenco dei dubbi, alimentati dalla mancata trasparenza, aumenta ogni giorno, ed evidenzia ciò che a nostro avviso appare chiaro: l’abbattimento delle torri non era formalmente previsto, perché con molta probabilità sgradito a tanti, e si è preferito liquidare la questione per le vie brevi senza tante discussioni annunciando il fatto compiuto solo una settimana fa, con la Pasqua nel mezzo.

Ora, l’auspicio è che il sindaco prenda atto dello slancio, ma anche della maturità, di tanti cittadini i quali, invece di staccarsi annoiati dalla cosa pubblica e dalla partecipazione come da tanto tempo accade e si riverbera alle urne, e ne faccia tesoro: se è ancora presto per parlare di progetti, recuperi o altro, ci si fermi, si fermi l’abbattimento almeno della seconda torre, si ricalibri il progetto dell’impianto fotovoltaico e si ripensi, senza fretta, al futuro della Darsena, al suo recupero, al futuro della città che non sia solo imperniato sulle eccellenze di un passato straordinario e lontanissimo. Di questo ne prenda atto anche la Soprintendenza, giustamente chiamata in ballo dal Sindaco, e senza timori si esprima. Con lungimiranza e visione, l’Amministrazione si faccia forza sulle opportunità di riscatto e di valorizzazione economica, turistica e culturale anche del passato più recente.”

Italia Nostra sezione di Ravenna