Pfas nelle acque di Faenza e Ravenna, nel 79% dei campioni raccolti da Greenpeace durante la propria campagna “Acque senza veleni”. Le analisi sono state condotte tra settembre e ottobre 2024 in 235 città, prelevando l’acqua da fontane pubbliche. Fra le molecole più diffuse: Pfoa (47% dei campioni), cancerogeno, TFA (nel 40% dei campionamenti), Pfos (22%).

Alla città di Ravenna, Greenpeace ha assegnato il bollino giallo, riscontrando 25,4 nanogrammi per litro di inquinanti, con prevalenza di acido perfluoro-butanico (Pfba). Bollino verde a Faenza, con 9,8 nanogrammi per litro, con prevalenza sempre di Pfba. Questo secondo l’indagine condotta con le norme che varranno a partire dal prossimo anno, riferite alla somma di 24 molecole.

I risultati cambiano drasticamente se si considera però la somma di tutte le sostanze monitorate da Greenpeace, 58 in tutto. Per Faenza scatta il bollino viola, il peggiore, con 170 ng/l. Bollino fucsia per Ravenna, con 87 ng/l.

Per i livelli più bassi Greenpeace ha utilizzato la catalogazione: bollino bianco, verde, verde chiaro, giallo. Con l’aumentare della concentrazione di inquinanti, nei casi peggiori si passa al bollino: arancione, rosso, fucsia e viola

“È inaccettabile che, nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai Pfas, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, il nostro governo continui a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente – afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei Pfas. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti”.

A Faenza il campionamento dell’acqua è stato effettuato dalla fontana all’incrocio tra via Marconi e via Batticuccolo, dove sgorga l’acqua “migliore” della città secondo molti faentini, che spesso si fermano a riempire cassette di bottiglie e damigiane.

“La situazione è agghiacciante in tutta Italia ma non ci aspettavamo valori così alti anche a Faenza” commenta Faenza Eco-logica.

“La presenza dei PFAS non è regolamentata nelle acque potabili nazionali e, solo tra un anno, a inizio 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. Il D.lgs 18/2023 che recepisce la direttiva europea, fissa a 100 ng/l l limite per la “Somma di Pfas” di 24 molecole. Ma secondo le valutazioni di importanti enti (ad esempio EFSA) e l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) tali limiti sono inadeguati a proteggere la salute umana. Numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi” spiega la realtà ambientalista.

“I Pfas non esistono in natura, sono stati creati dall’industria chimica, sono impossibili da degradare e dannosi per la salute e dovrebbero avere come limite lo zero tecnico nelle acque potabili.
Greenpeace nel suo monitoraggio ne ha cercate 58, quelle più pericolose, incluso il nuovo TFA.
Faenza è segnata con un preoccupante bollino viola con i suoi 170 ng/l come “somma di Pfas”, di cui 159 ng/l sono TFA, acido trifluoroacetico, una sostanza persistente e indistruttibile ancora oggetto di approfondimenti scientifici, mai ricercata in Italia, che, per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa mediante i più comuni trattamenti di potabilizzazione”.

“La “somma di Pfas” di Faenza non supera i limiti di legge stabiliti dal D.lgs 18/2023, proprio perché prende in considerazione solo 24 molecole, (e non i TFA).
Altra molecola trovata da Greenpeace nella fontanella di Faenza è il PFBA, acido perfluoro-butanoico con 8,7 ng/l, una sostanza PFAS impiegata in varie applicazioni industriali e il principale prodotto di degradazione dell’acido perfluoroottanoico (PFOA) , che a sua volta è cancerogeno certo”.

Visto il quadro restituito dalle analisi, Faenza Eco-logicaa chiede al Comune di Faenza e all’Ausl Romagna:
“Se sapevano della presenza dei PFAS a Faenza se li avevano mai cercati.
Se intendono fare ulteriori accertamenti e capire quali sono le fonti di contaminazione (industrie? pesticidi?) e come mai sono finiti a contaminare le acque potabili.
Da dove provengono le acque potabili di Faenza, se tutte dal lago di Ridracoli o se sono mischiate con altre acque e di quale provenienza”.