Un gruppo di associazioni, insieme alla consigliera regionale dell’Emilia-Romagna Valentina Castaldini (Forza Italia), ha notificato stamattina il ricorso al Tar dell’Emilia-Romagna per chiedere l’annullamento delle delibere di giunta relative al fine vita del 5 e 26 febbraio, della determina dirigenziale del 9 febbraio e degli altri atti correlati.

Nella quindicina di associazioni che partecipano al ricorso la Comunità Papa Giovanni XXIII, il Movimento per la vita italiano, Scienza e vita e i Medici cattolici italiani.

Il ricorso di una cinquantina di pagine è stato presentato stamattina da Castaldini.

“Qualunque atto in materia è in assoluta carenza di potere.

Non è solo illegittimo, è nullo”, attacca. I rilievi posti dal ricorso in questo senso sono diversi a partire dal fatto che gli atti, sostengono i ricorrenti nel testo, “invadono la sfera di competenza legislativa dallo Stato”. La questione della nullità degli atti in materia non è l’unico aspetto su cui si basa il ricorso. “La sentenza della Corte non attua alcun diritto al suicidio assistito, ma pone l’accento sulla non punibilità e invita il Parlamento a legiferare”, aggiunge Castaldini. Poi c’è un terzo nodo, quello dell’assegnazione del ruolo consultivo al Corec, il Comitato per l’etica della Regione Emilia-Romagna, invece che ai Cet (comitati etici territoriali): una mossa con cui, sostiene Castaldini, “l’Emilia-Romagna si sta allontanando sempre più dal parere del Comitato nazionale di bioetica e dalla sentenza della Commissione costituzionale”.

Il deposito del ricorso avverrà entro 30 giorni. I ricorrenti non hanno presentato una richiesta di sospensiva degli atti regionali, nonostante il suicidio assistito in Emilia-Romagna sia attualmente possibile. Questo perché non risulta che qualcuno abbia chiesto di ricorrere al suicidio assistito: “Noi non sappiamo di nessuno, o avremmo chiesto la sospensiva”, assicura Castaldini, come riportatao dall’Ansa.

Intanto la regione informa che: “

L’istituzione del Comitato regionale per l’etica nella clinica (COREC) e l’invio di “istruzioni tecnico-operative” alle Ausl sono le modalità con cui la Regione Emilia-Romagna ha applicato la sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale, affinché possa essere garantito al malato il diritto al suicidio assistito. Lo ha detto il direttore generale dell’assessorato alla Sanità Luca Baldino nel corso della commissione Politiche per la Salute presieduta da Ottavia Soncini dove è iniziato l’iter relativo alle due proposte di legge (una di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni, l’altra di Silvia Piccinini del Movimento 5 Stelle) sul fine vita.

I due progetti di legge sono stati accorpati e la commissione ha nominato Marilena Pillati (Pd) relatrice di maggioranza, mentre non è stato indicato alcun relatore di minoranza in quanto il centrodestra ritiene si tratti di un provvedimento legislativo di carattere nazionale ed è caduta nel vuoto la disponibilità di Silvia Piccinini di svolgere tale ruolo.

Silvia Piccini (Movimento 5 Stelle) ha evidenziato come “sul fine vita serve riportare la discussione nella sede propria, anche per rispetto degli oltre 7mila firmatari della proposta di legge che aspettano una risposta dalla politica. L’unico strumento che ci può mettere in sicurezza è una legge regionale perché le delibere o le determine non hanno passaggi politici. Sulla costituzione del Comitato per l’etica nella clinica le mie perplessità riguardano l’opportunità, perché alcuni componenti hanno appartenenza manifestamente politica. Sulle regole operative, fra i presupposti c’è l’obbligo dell’offerta di possibili alternative: perché? È dedotto dalla sentenza o è una scelta fatta dal direttore generale?”.

Luca Cuoghi (Fratelli d’Italia) ha commentato: “Queste delibere suscitano perplessità per ragioni di convenienza visto che la materia spetterebbe al Parlamento. Non dobbiamo dare seguito alla sentenza che annulla un articolo penale, quello che punisce chi aiuta nel suicidio medicalmente assistito, sul quale non siamo competenti. Quello che deve fare la Regione è ritirare questa delibera e richiedere un intervento legislativo nazionale”.

Daniele Marchetti (Lega) ha ricordato che “il fine vita è un tema etico e ciò che possiamo fare è assumerci le nostre responsabilità coinvolgendo nella discussione l’Assemblea legislativa. Nella Lega abbiamo sensibilità differenti e personalmente sono favorevole. La Regione deve fornire tutti gli strumenti necessari a chi soffre. Abbiamo sempre espresso volontà di procedere con la discussione e non dobbiamo calpestare il diritto dell’Assemblea di esprimersi, confrontarsi e approfondire”.

“La delibera è piena di errori e anche per questo ho presentato un corposo ricorso al Tar”, ha spiegato Valentina Castaldini (Fi) per la quale “l’aspetto saliente del ricorso è che gli atti della giunta sono illegittimi e nulli poiché il tema in oggetto è di competenza dello Stato e non delle Regioni: per questo motivo non ci sarà un relatore di minoranza. In modo compatto la minoranza non indicherà un relatore in quanto la competenza legislativa su un tema come il suicidio medicalmente assistito non è in capo alle Regioni. Inoltre, la Corte costituzionale chiede di garantire la possibilità di utilizzare cure palliative”.

Per Stefano Caliandro (Pd) “la legislazione deve essere nazionale, ma rifiutiamo l’idea che dicendo che serve una legge nazionale si facciano saltare norme regionali. Così facendo si fa una vittima: il diritto costituzionale. Noi abbiamo il dovere di intervenire su questo tema per garantire i diritti del malato e di chi soffre. L’intervento della giunta muove le nostre coscienza sul versante del diritto alla salute. Ha ragione il collega Daniele Marchetti a dire che su questo tema non ci sono maggioranza e opposizione”.

Per Federico Alessandro Amico (ER Coraggiosa) la Regione ha fatto bene a intervenire sul fine vita: “Sì tratta di garantire il diritto alla salute, di dare risposta a una sentenza della Corte costituzionale e di evitare un frazionamento delle scelte da Piacenza a Rimini. Non si può non farsi carico della sofferenza delle persone”.

Per Simone Pelloni (Rete Civica) “è inaccettabile che tramite delibera di giunta venga data esecuzione a una sentenza che si esprimeva sulla punibilità di un reato previsto dal Codice penale. Non c’è un richiamo alle Regioni affinché legiferino, il richiamo era al Parlamento: quindi è molto chiaro che la competenza legislativa è nazionale. Ciò che la Regione può fare è una proposta di legge alle Camere perché gli atti sono impugnabili”.

Per Giuseppe Paruolo (Pd) “le delibere e le determine si pongono su un piano applicativo ed è indiscutibile che si dia applicazione a un quadro normativo a cui occorre dare una risposta. Le norme si applicano anche quando non vengono condivise, come nel mio caso. Con questo percorso si può arrivare a un chiarimento al di là della discussione sul merito. Il legislatore nazionale deve assumersi le proprie responsabilità”.

Al termine degli interventi dei consiglieri, l’assessore alla Sanità Raffaele Donini ha sottolineato: “Abbiamo colto una richiesta di aiuto all’insegna della dignità della persona come chiede la Corte costituzionale: non vogliamo che una persona debba farsi riconoscere quanto previsto della Corte da un Tribunale invece che dall’istituzione pubblica”.”