Come faenza Eco-logica abbiamo inviato le nostre “considerazioni” al documento “Linee strategiche di indirizzo sul PUG”.  Il documento di indirizzo in realtà è molto generico, quindi è difficile fare delle osservazioni specifiche che ci riserveremo per quando sarà adottato il PUG nel suo complesso.

Pur nella sua genericità è comunque chiaro che, al di là delle belle parole e intenzioni, non ci sarà nessuno stop assoluto al consumo di suolo. 

Secondo la legge 24/17 si potrà infatti continuare a cementificare il 3% dell’urbanizzato, (50 ettari solo a Faenza) decidendo di volta in volta dove costruire in base ad accordi operativi tra comune e privato. Oltre a questo 3% (il cui conteggio partirà solo dopo approvazione del PUG) ci saranno molte cementificazioni in deroga (ampliamenti di industrie, nuove aziende agricole, progetti sovracomunali come poli logistici, tangenziali, circonvallazione), senza contare i piani già approvati in fase transitoria che non erodono il 3%. La circonvallazione di Castel Bolognese, in particolare, oltre a cementificare, sta creando una vera e propria diga a valle, impedendo il defluire delle acque in caso di nuova alluvione. E così sarà per la tangenziale di Faenza. Tutti questi progetti dopo l’alluvione andrebbero bloccati e rivisti.

Le linee di indirizzo dicono che “Il consumo di suolo va contenuto” noi diciamo che va fermato.

Siamo ormai arrivati a un punto gravissimo di impermeabilizzazione della nostra città, l’alluvione ce lo ha insegnato, ogni centimetro in più di cemento è un aggravio del rischio per tutti. Noi vogliamo che le linee di indirizzo dicano chiaramente STOP al consumo di suolo, noi non vogliamo il 3%, noi vogliamo lo 0% e che sia reale, non “netto”, e non solo in zone alluvionate, ma dappertutto.  

Chiediamo che sia specificato che le uniche costruzioni che possono essere fatte sono ricostruzioni, ristrutturazioni, o costruire laddove il terreno è già stato cementificato da lottizzazioni fallite e lasciate ai rovi (“ecoquartiere San Rocco” con un potenziale di 350 alloggi, via Romolo Cani, ex perle ecc…). 

Noi chiediamo che le industrie, soprattutto quelle inquinanti e che ammorbano l’aria di Faenza (le note centrali a biomassa e le industrie di ceramica) e a rischio di incidenti rilevanti (RIR), non devono più espandersi.

Chiediamo che siano bloccate e non stipulate le convenzioni delle lottizzazioni in zone alluvionate e a rischio (come quella in via Piave-Via Monti). Ricordiamo che c’è una montagna di cemento in arrivo in aree a rischio, a causa degli accordi operativi approvati, con il favore di tutto il consiglio comunale, come la lottizzazione della Colombarina vicino aziende a rischio incidente rilevante, nonché la lottizzazione in via Pana e la vicina mega area di servizio, la lottizzazione di Tampieri in via San Cristoforo di Mezzeno, e tante altre.

Queste zone devono essere riforestate, non cementificate. Ci servono boschi urbani per assorbire l’inquinamento che ammorba Faenza, non nuovo cemento.

Le lottizzazioni di Biancanigo e della Ghilana sono state fermate in extremis solo grazie al “rumore” e alle pressioni che abbiamo fatto noi attivisti dal basso, e non certamente per un lampo di genio degli amministratori di turno, per questo è importante che noi attivisti e cittadini continuiamo a fare pressioni e portare alla luce i meccanismi perversi che non vogliono fermare il consumo di suolo.

 Sappiamo il ritmo di “cementificazione” attuale: ogni 4 anni (dati 2017-2021) a Faenza si consumano circa 33 ettari di suolo, a partire dall’approvazione del PUG si potranno consumare altri 50 ettari (il famoso 3% permesso dalla leggere regionale), quindi si andrà avanti con questo ritmo senza rallentare per altri 8 anni almeno…e poi?

Chi ci fermerà? Anche la favola del consumo di suolo “zero netto” è assurda, visto che consumare da una parte e desigillare dall’altra non fa somma zero. Nella stragrande maggioranza dei casi i suoli cementificati non torneranno suoli fertili. Si andrà così desertificando il nostro territorio all’infinito.

L’unione dei comuni può costruire nel suo complesso 765 Mila metri cubi in tutto, da dividersi di comune accordo tra i vari comuni.

Anche se spacciata come forma di solidarietà verso i comuni più piccoli che così possono cementificare più del dovuto, a noi questa scelta preoccupa: una sovradimensionata urbanizzazione in territori fragili e delicati, ai confini con parchi nazionali, come Casola e Brisighella, non è sicuramente auspicabile. D’altra parte neppure una eccessiva espansione di città di pianura come Faenza o Solarolo, nel caso in cui i comuni di collina non avessero bisogno di tutti i metri cubi è auspicabile. Insomma, considerare il 3% sul totale territorio dell’URF da dividersi di volta in volta tra comuni è rischioso e non porta alcun beneficio. 

Noi ribadiamo la richiesta consumo di suolo zero totale in tutta l’URF.

Chiediamo anche di applicare il PUMS in modo rigoroso e rispettare il cronoprograma, visto che il piano per la mobilità sostenibile, approvato nel 2021, benché richiamato dal Pug non è minimamente rispettato. Chiediamo più trasporti pubblici e un aumento delle corse dei bus, anche serali tra tutti i comuni dell’URF. Casola è ad esempio estremamente isolata e con pochi mezzi pubblici. Chiediamo la messa in sicurezza del polo sportivo in via Graziola con strisce pedonali evidenti illuminate e rialzate. Chiediamo strade e zone scolastiche sorvegliate davanti tutte le scuole, visto che in questi anni abbiamo fatto grandi passo indietro.

Chiediamo tutela dei parchi e delle zone verdi che siano inclusive ma non diventino location per eventi di impatto ambientale ed acustico, come concerti.

Vogliamo più ciclabili connesse, ma che siano sulle strade, sottraendo spazio ad auto e parcheggi, e non dentro ai parchi.

Infine, vogliamo che il Pug valorizzi Faenza per le sue bellezze naturali e artistiche, e non per la motor valley, Faenza per noi non è la “città dei motori”.

I motori e la velocità sono miti negativi, diseducativi, che alimentano morte e inquinamento e tragedie stradali. La nostra città deve rigettare questa cultura di morte, non la deve esaltare, spendendoci peraltro soldi pubblici e consumando suolo (ricordiamo il progetto motor arena e il crossodromo, tutti finanziati con soldi pubblici).