Carola Rackete è libera, dopo avere portato in salvo le 42 persone salvate in mare andando incontro, con consapevolezza, all’arresto e al sequestro della nave Sea Watch 3, ad insulti sessisti e aggressioni verbali e scritte.

Siamo grate a tutte e tutti coloro che ci hanno sostenute e ci hanno aiutato a far fronte, anche noi come lei, ai commenti aggressivi e violenti che hanno inondato la nostra pagina e non solo.

Liberedonne è un’associazione apartitica, libera, politica nel senso più ampio del termine, che dal 2013 è attiva in città e organizza attività di promozione della cultura dell’accoglienza, della non-violenza e della pace quali fondamentali antidoti contro gli stereotipi sessisiti e la violenza sulle donne.

Liberedonne ha un luogo pubblico dove incontrarsi e incontrare la città, le sue attiviste sono tutte volontarie, ospita e accoglie studenti e studentesse in formazione scuola lavoro e universitari e universitarie tirocinanti, e nel sito dell’associazione sono pubblicate le relazioni annuali sulle attività nonché, come prevede la legge, i finanziamenti pubblici percepiti.

L’associazione gestisce una biblioteca pubblica di narrativa e saggistica di 4500 volumi e un archivio storico dal 1945 al 1982 che contiene documenti unici che vengono richiesti dalle biblioteche di tuta Italia.

Ragioniamo, ci confrontiamo e ci esprimiamo con sguardo femminile su quanto succede nel mondo perché tutto ci riguarda e interroga le nostre vite.

Per questo chi dice che saremmo dovute intervenire su quanto accaduto ai servizi sociali della Val D’Enza sta dicendo che in quanto madri abbiamo l’autorità, quasi l’obbligo, di esprimerci su figli e famiglia, (e i padri ci domandiamo?) ma non abbiamo, in quanto donne, la stessa autorità quando si tratta di intervenire su temi come il diritto d’asilo, i diritti umani, il diritto e la politica internazionale, la solidarietà, la giustizia, che, lo ricordiamo, sono i principi base della nostra Costituzione, la bussola politica di donne e uomini.

Natalia Ginzburg scriveva: “dicevo con calore e convinzione delle cose ovvie: del resto succedeva un po’ a tutti, subito dopo la liberazione, di scaldarsi molto a dire delle cose ovvie: era anche giusto in un certo senso, perché in vent’anni di fascismo uno aveva perduto il senso dei valori più elementari, e bisognava ricominciare da capo, ricominciare a chiamare le cose col loro nome, e scrivere pur di scrivere, per vedere se eravamo ancora delle persone vive”.

È quello che è accaduto in questi giorni. Abbiamo scritto cose ovvie per avere conferma di essere ancora esseri umani. Ci sono momenti in cui è necessario scegliere da che parte stare e noi, abbiano scelto senza ombra di dubbio e senza ripensamenti.