Non tarda ad arrivare un’analisi del Parco del Delta del Po riguardo all’attacco alle pecore avvenuta qualche giorno fa ad Anita, nel comune di Argenta.  Un’analisi che lascia poco spazio all’ipotesi che i colpevoli possano essere i lupi. Il comportamento predatorio e il numero di capi uccisi farebbe piuttosto pensare che si sia trattato di un gruppo di cani randagi di grossa taglia.

E’ vero che i lupi sono tornati a colonizzare le aree di pianura e del territorio ferrarese e ravennate negli ultimi anni – afferma il Parco in una nota a riguardo – ma è vero anche che un attacco del genere tradirebbe quella che è la logica evolutiva della specie: un lupo preda per sfamarsi ed ogni uccisione costa energia, fatica, rischio. E non trasgredisce mai a questa regola. Le carogne imputridiscono in fretta, sono consumate da altri animali. La preda viva rimane buona per la volta successiva. Senza contare poi che attacchi simili si sono già verificati in passato e le analisi hanno sempre escluso il lupo come responsabile.

Il tema della convivenza consapevole tra uomo e lupo è di grande attualità, ed è necessario che la popolazione sia informata tramite fonti autorevoli e senza distorsioni di quella che è la realtà dei fatti e delle leggi naturali. Proprio a questo riguardo sabato 12 marzo alle ore 10, presso la Sala Polivalente di Palazzo Bellini (Comacchio), l’Ente Parco organizza un incontro aperto al pubblico dal tema “Il lupo in pianura. Come vive? Com’è arrivato? Come dobbiamo comportarci?”. Un momento di approfondimento e divulgazione che vuole rispondere alle tante domande che i cittadini possono avere a tal riguardo.

Di certo – conclude il Parco – non si può comunque negare che la predazione di un numero inferiore di capi (di solito da uno a tre) sia possibile, ed è importante per chi ha animali domestici di taglia medio piccola, adottare strategie di prevenzione quali ripari notturni in luoghi chiusi, reti elettrificate e cani da guardia. Ma il lupo non è un nemico da cacciare e condannare: si tratta di una specie rigorosamente protetta dalla legge italiana e dalle direttive europee, e nel territorio del Parco potrebbe rivelarsi anzi un potente alleato degli agricoltori, in quanto spesso si nutre con nutrie ed altri erbivori dannosi per le colture.