“Il 13 marzo demmo notizia, non altrimenti pubblicizzata ai cittadini, che dal giorno precedente Poste Italiane aveva chiuso, nel comune di Ravenna, a tempo indeterminato, 14 uffici postali su 23 (in realtà abbiamo poi verificato che sono stati addirittura 18 su 27). Lamentammo non il provvedimento in sé, giustificato dalle ristrettezze imposte dal coronavirus, quanto la distribuzione delle 9 sedi rimaste aperte, che tagliava fuori soprattutto le aree territoriali della Darsena (con Porto Fuori) e del forese” dichiara Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna.

“Ci chiedemmo come si sarebbe potuto garantire alla popolazione una serie di servizi vitali, tra cui i trattamenti pensionistici, le pensioni e gli assegni sociali, le indennità d’invalidità e di accompagnamento, le rendite vitalizie, le prestazioni assistenziali. Lamentammo in seguito, per esempio, che la decisione di ridurre a giorni alterni e solo al mattino, a partire dal 23 marzo, l’apertura dei 9 uffici rimasti è stata introdotta senza preavvisare la cittadinanza. Chiedemmo che si provvedesse per il futuro, consigliando di farlo attraverso l’ufficio stampa del Comune” continua Alvaro Ancisi.

“Oggi riconosciamo volentieri che i nostri appelli hanno avuto alcuni riscontri positivi. Infatti:

  1. mercoledì 25 marzo Poste Italiane ha diffuso dettagliatamente, tramite l’ufficio stampa del Comune, tutte le informazioni utili per ritirare le pensioni del mese d’aprile a partire da iero 25 maggio, con possibilità di ricevere dal numero verde 800-003322 ogni ulteriore chiarimento, in particolare circa la sede a cui rivolgersi in caso di richiesta del denaro contante;
  2. ma con l’occasione si è anche appresa la buona notizia secondo cui 9 dei 18 uffici chiusi, fino a prima a tempo indeterminato, sarebbero invece stati riaperti da ieri fino a sabato (Savarna anche lunedì 30), proprio per la consegna delle pensioni: gli interessati sono stati scaglionati nelle tre giornate secondo le lettere iniziali del proprio cognome opportunamente indicate” spiega Ancisi.

“Si può fare di meglio, tenendo presente che sono in massima parte le persone anziane, magari con patologie, poco o niente tecnologizzate, a ritirare la pensione in contante. Se le cose si dovessero prolungare oltre il mese di aprile, bisognerebbe valutare le seguenti criticità, ampiamente superabili.

  1. Rimangono chiusi anche in questi tre giorni “speciali”, con disagio abbastanza sostenibile, gli uffici di via Carducci, via Ravegnana, via Fiume Abbandonato, via Pola, Punta Marina, Santerno e Porto Fuori, i cui utenti sono stati dirottati ad una sede relativamente vicina, nella città o in una frazione a breve distanza. Maggiori problemi hanno posto la chiusura di Sant’Alberto, dovendo recarsi a Savarna tutti gli abitanti di quell’area territoriale, e di Porto Corsini, dovendo gli abitanti di questa frazione e di Marina Romea recarsi a Marina di Ravenna, attraversando il canale Candiano col traghetto, spesso “assembrato” di utenti. Non dovrebbe essere impossibile aprire anche questi due uffici, a beneficio del forese e dei lidi nord.
  2. Per le sedi cittadine di via Romea sud e di via Meucci, addette da sole a ricevere tutta la popolazione ad est (compresa Porto Fuori) e a sud del centro storico, pari a mezza città, si pone il problema dell’eccessivo affollamento. Verificato l’eventuale sovraccarico, sarebbe di sollievo aprire, alla prossima scadenza pensionistica, anche la sede di via Pola, a servizio della Darsena e di Porto Fuori. 
  3. Degne di considerazione sono le persone che, impossibilitate ad andare di persona, per malattia e/o debilitazioni e/o notevole anzianità e/o problemi familiari, a ritirare le pensione in contanti, devono servirsi di un familiare o di un’altra persona di fiducia. Possono farlo solo con delega rilasciata dall’ufficio postale di rispettiva pertinenza. Pongo il caso di Renzo Guardigli, noto “sumar vecc” di Porto Fuori, 91 anni e problemi di assistenza h 24 alla moglie. Ieri mattina, mi ha telefonato angosciato. Dovrebbe andare di persona in via Romea Sud, perché la sua sede ordinaria è quella del suo paese, però chiusa fino a quando non si sa, quindi impossibilitata a rilasciargli la delega. O va in via Romea Sud o resta senza pensione a tempo indeterminato, essendo a carico di se stesso. Si imporrebbe una modalità di delega più flessibile, magari ricorrendo al volontariato istituzionale, opportunamente accreditato a raccoglierla, firmata dalla persona impedita” conclude Alvaro Ancisi.