“Difficile immaginare un modo peggiore per concludere l’anno per una comunità di avere un Sindaco costretto alle dimissioni dopo essere stato indagato per violenza nei confronti di una donna che è poi sua moglie. È successo a Cervia. E le doverose e scontate dimissioni non sono state il primo gesto compiuto dal Sindaco dopo che la Procura aveva chiesto il suo arresto (e il Gip aveva respinto la richiesta). Tutt’altro: voleva restare in carica! Le sue prime dichiarazioni pubbliche le aveva rilasciate tramite avvocato: «Ha respinto fermamente accuse tanto gravi e infamanti. In 16 anni di matrimonio, con due figli, mai ha avuto comportamenti violenti nei confronti della moglie. La separazione in corso coinvolge aspetti che possono prestarsi a strumentalizzazioni. Appena potrà prendere visione degli atti, dimostrerà la propria innocenza valutando altresì ogni azione legale a tutela della sua persona». E ancora ieri mattina: «Non prenderà decisioni di portata rilevante fino a che non avremo visto gli atti».
Che non dovesse tagliare il panettone in Municipio, era prevedibile. Anzi scontato. Addirittura normale in un mondo normale. Nel nostro di mondo glielo si è dovuto far capire, invece. Prima la Casa delle Donne, poi il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna, quindi le opposizioni in Consiglio Comunale hanno chiesto le sue dimissioni. Il suo partito, il PD, inizialmente aveva provato ad esercitare l’arte raffinata di parlare senza dire nulla, poi sembrava essersi schierato assieme al Sindaco nella resistenza ad oltranza, ma alla fine lo ha scaricato per bocca del Presidente della Regione, pure lui cervese: «C’è una netta divisione fra il piano penale e il piano politico. Il piano penale prevede che per tre gradi di giudizio una persona sia innocente finché non viene condannata. C’è un piano politico che invece è completamente diverso e che può prevedere delle scelte anche laddove uno, ovviamente, sostenga la propria innocenza».
Scelte che alla fine sono state inevitabilmente quelle di abbandonare la difesa della seggiola prima di subire un pre-processo in consiglio comunale. Non si è presentato in sala e ha fatto leggere una sua portavoce: «Con profondo dolore e ribadendo ancora una volta la mia totale estraneità a qualsiasi episodio di maltrattamenti o violenza, rassegnerò le mie dimissioni dalla carica di sindaco». Non era del resto possibile scelta politica diversa per un esponente di primo piano a livello locale di un partito, il PD, che si è identificato completamente con alcuni diritti manifesto abbandonando al rusco la maggior parte di quelli sociali. Non c’è particolare differenza tra il centrosinistra e il centrodestra per quanto riguarda l’adesione incondizionata ai dogmi del neoliberismo con connessa e conseguente spremitura di lavoratrici e lavorati. E lo stesso riguarda lo schieramento atlantico e il riarmo. E ancora la repressione, la soppressione della libertà di informazione, di scelta della cura, la privatizzazione dei servizi, ecc. ecc. Le differenze vengono invece se, ad esempio, parliamo di educazione all’affettività. Un manifesto su cui centrodestra e centrosinistra si scambiano insulti per enfatizzare una rara diversità di opinione.
La violenza contro le donne? «Per questa Regione il tema della lotta contro la violenza di genere è un tema centrale e prioritario» ha infine detto de Pascale scaricando Missiroli. E lo stesso Missiroli non poteva che uniformarsi: «Desidero ribadirlo con assoluta chiarezza: condanno ogni forma di violenza, in particolare quella contro le donne».
Come Ravenna in Comune in occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, poco meno di un mese fa, il 25 novembre, scrivevamo: «Ogni giorno i media danno notizia di nuove violenze. Il tutto condito da sentenze discutibili, braccialetti elettronici non funzionanti, codici rossi non attivati, ecc. ecc. Come Ravenna in Comune sappiamo che, purtroppo, non saranno le fiaccolate a cambiare le cose, né gli eventi di sensibilizzazione. Vanno fatti, ci mancherebbe, ma non diminuiranno il tasso di violenza in quanto del tutto intrinseco alla nostra società. In altri termini: se non cambia il modello sociale non cambia nemmeno il modello delle relazioni uomo-donna. E l’unica possibilità di cambiamento sta a noi: cambiando la società della competizione proprietaria liberista in un nuovo modello di società delle comunità collaborative di eguali faremmo fare passi da gigante al processo di eliminazione della violenza contro le donne.
Ravenna in Comune ci crede e non smette di lottare per raggiungere questo traguardo. Lottare per una società nuova senza la sopraffazione neoliberista è lottare per dare un mondo migliore alle donne ma anche agli uomini».
Se si resta nel paradigma attuale, le pur inevitabili dimissioni del Sindaco di Cervia non avranno altro significato che quello intrinseco alla finta alternatività tra centrodestra e centrosinistra.”



























































