Lunedì la Regione Emilia-Romagna e il Parco del Delta del Po hanno convocato una conferenza stampa durante la quale verranno riaperte le porte all’Ortazzo-Ortazzino. L’evento oggi però è criticato da Italia Nostra, che ricorda come la richiesta di massima tutela dell’area, presentata dalle associazioni al Ministero dell’Ambiente, non sia stata sostenuta dagli enti locali: “Giunge probabilmente all’epilogo la triste vicenda Ortazzo-Ortazzino, per la quale numerose associazioni, dopo aver evidenziato la scandalosa mancata acquisizione pubblica taciuta da tutti gli enti, avevano chiesto, con parere favorevole di ISPRA, la creazione di una Riserva Naturale dello Stato, recandosi persino al Ministero dell’Ambiente. Tutti contro, dal Parco alla Regione, ed il Ministero muto. È inaccettabile, dal punto di vista della tutela, che ad un patrimonio del genere, rimasto pressoché intoccato per 50 anni, non sia concessa la possibilità di restarlo ancora, ma venga dato in mano all’assalto turistico, e alla “valorizzazione” (ovvero lo sfruttamento economico), di cui si sono già riempiti la bocca – dopo l’acquisto della zona A e B “a trattativa” stragiudiziale, ovvero rinunciando a far valere il diritto di riscatto in Tribunale – esponenti politici, assessori e personaggi vari, i quali evidentemente ignorano il valore ambientale di questo sito e i miracoli della natura se lasciata in pace”.
Secondo Italia Nostra la riapertura dei cancelli in programma lunedì 7 aprile non è una scelta felice, poiché avviene “nel periodo più delicato per la natura e per la riproduzione della fauna selvatica: perché proprio ora questa parata di politici? Gli stessi che hanno cancellato dal bilancio i fondi per l’acquisto dell’intera zona A+B+C a 10 cent all’ettaro nel 2023.
Risuonano funeste le parole dell’ex Sindaco Mercatali, che ha, possiamo dirlo, tracciato la via per molte iniziative che poi si sono concretizzate nel tempo. Nel 2017 egli dichiarava sulla stampa ‘Ai turisti bisogna offrire emozioni e in questo caso gli ingredienti ci sarebbero tutti. L’ area dell’Ortazzo Ortazzino comprende 540 ettari di pineta, di proprietà di un privato di Roma(…) Se diventasse di proprietà pubblica, potrebbe divenire fruibile per escursioni guidate, con un centro visite: in rete con le saline di Cervia, il polo archeologico di Classe e Mirabilandia, si arricchirebbe l’offerta con le bellezze naturalistiche. Sarebbero quattro parchi dove poter trovare natura, storia, arte e divertimento. I turisti potrebbero fermarsi anche più a lungo per vedere tutto’.”
Secondo Italia Nostra: “In quest’ottica va anche il “Parco Marittimo”, l’operazione con cui di fatto una Riserva Naturale dello Stato (la “Pineta di Ravenna”) è stata trasformata in “Parco” attrezzato; “Parco” in cui venne prevista in prima battuta la continuazione della ciclabile anche sulla foce del torrente Bevano, confinante con l’Ortazzino ed entrambi ad accesso rigorosamente interdetto. Lo stesso dicono i medesimi progettisti dell’ampliamento del villaggio turistico dell’imprenditore che ha acquisito l’area C: ‘Il progetto prevede inoltre la realizzazione di un percorso pedonale in terra solida che, attraverso via Canale Pergami [la via parallela alla zona C, ndr],connetterà l’area alla foce del fiume Bevano, vero ingresso al Parco del Delta e agli ambiti naturalistici connessi alla foce del Fiume Bevano”’.
Progetti che lanciano il sasso, ignorando le classificazioni ambientali vigenti, presumibilmente pensando che poi ci pensa la politica a spianare gli ostacoli? In questo clima di assalto, c’è da credere che la riclassificazione della zona C e l’ampliamento della zona A andranno a buon fine? E cioè che, varianti alla mano, si passi da quasi 400 ettari fruibili (pubblicamente o privatamente per quanto riguarda la zona C) contro 100 ora non accessibili, a circa 200 accessibili contro 300 non accessibili, zona C dell’imprenditore privato compresa? 200 ettari accessibili: decisamente troppi per un luogo straordinario di cui non viene minimamente valutato l’impatto, per non dire lo sfregio, del “rimetterci piede” dopo 50 anni di silenzio pressoché incontaminato. 200 ettari, troppo pochi per le “valorizzazioni” di un’amministrazione regionale e locale che non fanno mistero di voler mettere a reddito, pesante o leggero, tutto ciò che può produrlo. Intanto cominciamo ad entrare, sembrano dire le Istituzioni, poi si vedrà. La vicenda Ortazzo rischia di tramutarsi nell’ennesima operazione di greenwashing”.

























































