“Ravenna in Comune è nata sette anni fa come lista di cittadinanza e con un orizzonte necessariamente rivolto all’azione politica in ambito comunale. Per questa ragione non sono così frequenti, come certe tematiche pure meriterebbero, le nostre escursioni nella politica nazionale. Oggi è una di queste volte e lo sguardo non può che essere rivolto al passaggio affrontato ieri dall’Esecutivo a guida Mario Draghi.

Ci ha chiamato a questo innanzi tutto Michele de Pascale che, in quanto Sindaco, ha sottoscritto un appello politicissimo rivolto a Mario Draghi chiedendogli «di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo». La sua è stata una delle prime firme apposte al documento. Una scelta politica che coinvolge il Sindaco non può che essere portata all’attenzione del dibattito pubblico ravennate.

L’altro elemento che ci conduce a trattarne è stato lo stesso Mario Draghi che, parlando alla Camera dei Deputati, ha concluso il suo discorso facendo riferimento a tale appello, ossia al fatto di essere stato chiamato al passaggio parlamentare non solo da un preciso invito del Presidente della Repubblica, bensì, ha detto, «perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto». De Pascale e gli altri firmatari, intendeva.

Infine, più importante, è il contenuto del discorso svolto da Draghi. Un discorso nel corso del quale, di tutti i territori italiani, ne ha citati espressamente soltanto due: Piombino e, appunto, Ravenna. Adducendo nientepopodimeno che si tratterebbe di «una questione di sicurezza nazionale» ha cancellato ogni possibilità presente e futura di mettere in discussione la scelta politica di un rigassificatore in queste due città. Questo il suo diktat:

«Dobbiamo accelerare l’installazione dei rigassificatori a Piombino e a Ravenna. Non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture».

Una negazione delle più elementari costituenti di una democrazia, cioè la possibilità di libera manifestazione del pensiero anche quando questo non è conforme a quello dei governati, che fa palesemente a pugni contro l’affermazione per cui «l’Italia è un Paese libero e democratico» dello stesso Draghi. Una democrazia che va esercitata con parsimonia, deve ritenere il banchiere, come già prima di lui quelle organizzazioni finanziarie internazionali che premevano per la “riforma Renzi” della nostra Costituzione.

E poi, altro importante passaggio del discorso: «Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il Governo a fare con una risoluzione parlamentare. Come mi ha ripetuto ieri al telefono il Presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi». Non è un caso se siano frasi pronunciate subito dopo quelle sulla politica energetica pro-fossile e sul rigassificatore che vorrebbe nella nostra città. Come evidente, infatti, guerra e politiche energetiche sono strettamente legate fra loro. Lo prova la marginalizzazione delle rinnovabili, ridotte a poco più di una citazione stretta tra l’accelerazione imposta ad un modello energetico a traino fossile e la rivendicazione della politica di riarmo in violazione della Costituzione.

Ravenna in Comune ha già affermato di condividere le posizioni di chi pretende il rispetto della Costituzione attraverso il ripudio della guerra e, al contempo, l’agevolazione dell’azione diplomatica internazionale (art.11). Allo stesso modo respingiamo le politiche energetiche del Comune e del Governo che fanno solo finta di investire sulle rinnovabili. Parlano da soli i numeri. A fronte di un costo determinato (per ora) in 700 milioni di euro per l’operazione di rigassificazione di Ravenna, l’investimento complessivo del PNRR per l’elettrificazione del porto si ferma poco al di sopra del 4% di quella cifra. Si tratta evidentemente di una presa in giro, mentre le conseguenze dell’asservimento ai signori del fossile si fanno sentire sempre di più e anche a Ravenna, siccità ed incendi inclusi.

Sarebbero tanti altri i punti di distanza da citare che ci allontanano da quello che per de Pascale è il governo ideale. Quello dei cosiddetti “migliori”. Non è strano: quanto trova auspicabile il PD nelle politiche liberiste e pro (ricchi) privati del governo è naturalmente opposto alle politiche di incentivo a buoni servizi pubblici funzionanti, accessibili senza restrizioni, che promuove Ravenna in Comune. Sarebbe anzi tempo che chi ha sostenuto la candidatura di de Pascale, dopo aver appoggiato Ravenna in Comune nel suo quinquennio di opposizione, cominciasse ad ammettere il grave errore.

Il governo dei banchieri che piaceva tanto al sindaco, in buona sostanza, non è il governo in cui poteva riconoscersi chi crede nei nostri valori. Da ieri, a quanto pare, non vi si riconosce più nessuno. Il sindaco dovrà scrivere le sue letterine a qualcun altro.”