“E così siamo arrivati alla fine di questo strano e drammatico mese di marzo. Il pensiero immediatamente va alle migliaia di persone che hanno perso la vita e ai milioni che la stanno vedendo messa a rischio per motivi di salute in primis, ma non solo, come sappiamo sulla nostra pelle. Il presente è nebuloso e il futuro è incerto. Per questo oggi più che mai avremmo bisogno di certezze. Come lavoratori e lavoratrici del sociale esternalizzati abbiamo ben presente cosa significa prendersi cura delle persone e sappiamo bene il valore del sostegno e dell’aiuto” affermano educatrici ed educatori di tutta Italia che aderiscono al  documento nazionale condiviso dalle realtà autorganizzate e dei sindacati di base di tutta la nazione in merito alla questione della mancata erogazione dei fondi stanziati per le coop. sociali da parte dei comuni.

“Ma conosciamo altrettanto bene anche la difficoltà della precarietà della vita e del lavoro. Fin dall’inizio di questa emergenza sosteniamo che le conseguenze dell’attuale pandemia non devono colpire né quei lavoratori che dispongono di minori tutele e il cui reddito è, purtroppo, indissolubilmente legato all’erogazione delle prestazioni, né le persone che in questo momento necessitano ancor più di relazioni di cura. Fra questi c’è sicuramente il personale impiegato, con qualunque tipo di rapporto lavorativo: autonomo, atipico o dipendente, in ogni caso esternalizzato, nei servizi socio-educativi e socio-sanitari, nelle attività di integrazione scolastica, educativa domiciliare, centri diurni. Il presupposto da cui partiamo è che ai lavoratori e alle lavoratrici esternalizzati, siano riconosciute le ore lavorative non espletate o non espletabili per causa di forza maggiore, nello specifico dalla sospensione delle attività didattiche ed educative “in presenza”, disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 6/2020” continuano gli educatori.

“Allo stato attuale delle cose, il Governo invece di garantire la tutela della salute pubblica e un reddito a chi al momento non ce l’ha – e siamo in tantissimi – dimostra il proprio asservimento alla logica padronale di Confindustria e dei suoi partners, costringendo ancora moltissime persone, anche nelle zone più colpite da questa emergenza sanitaria, ad andare a lavorare per non fermare i profitti di pochi, condannando lavoratrici e lavoratori a diventare veicolo di contagio per sé, per gli altri, e per i propri cari. Anche nel nostro settore ancora troppi i Servizi definiti Essenziali, tenuti aperti da parte degli Enti Gestori nonostante l’assenza di protocolli di sicurezza e la scarsità di Dispositivi di Protezione Individuale, danno luogo a continui e documentati contagi fra utenti ed operatori. Siamo preoccupati inoltre per la situazione difficilissima in cui vertono le strutture residenziali dedicate all’accoglienza delle persone immigrate, alcune delle quali in sovraffollamento, spesso senza sufficienti tutele sia per gli ospiti che per gli operatori, così come le residenze per anziani e disabili che rischiano di diventare dei vespai di infezione. Anche in questi contesti i colleghi, oltre alla pericolosità per la propria salute e quella dei propri familiari che si somma alla preoccupazione di contagio tra gli utenti, si trovano a fare i conti con orari ovviamente decurtati e con la conseguente necessità di dover utilizzare ferie e permessi” spiegano educatori ed educatrici.

“In questa situazione di disagio e difficoltà di tutte/i, in particolare della nostra utenza, vorremmo contribuire, continuando a lavorare, sempre nel rispetto delle leggi e dei regolamenti che delineano il nostro intervento, tessendo relazioni di cura, di sostegno, di mediazione e rete tra diversi enti, a partire da scuola e famiglia, per come questo ci sarà possibile. Questo è lo scopo del nostro lavoro, che sempre parte da una situazione reale di difficoltà. Anche per questo caso il nostro lavoro merita il 100%, non può essere misurato minuto per minuto, non può essere riparametrato come fossimo dei lavoratori a cottimo” affermano gli educatori.

“Quello che noi, come lavoratori e lavoratrici chiediamo, è l’applicazione, da parte degli enti di prossimità, senza nessuna eccezione, dell’articolo 48 del decreto Cura Italia che ha autorizzato gli enti locali all’erogazione dei fondi già messi a bilancio preventivo per le attività socio-educative e il mantenimento dei servizi al 100%. Gli enti appaltanti possono – non devono – pagare il 100%: se non lo faranno se ne assumeranno la responsabilità politica e sociale. Attualmente, al momento in cui stendiamo questo comunicato, quasi nessun Comune e Città metropolitane ha recepito il Decreto nella sua ratio, cioè impegnandosi a pagare il 100% del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso l’istituzione del telelavoro. È travisando completamente gli obiettivi e le modalità del lavoro educativo perciò che, laddove sono partite rimodulazioni dei Servizi in telelavoro, per la maggior parte dei casi sono stati stanziati monte ore dimezzati rispetto a quelli a bilancio. In alcuni casi abbiamo notizie che le ore vengano erogate a seconda dei minuti effettivi svolti dagli operatori che sono costretti a lunghe, meticolose ed umilianti rendicontazioni, gettando loro ancora una volta nella logica del lavoro a cottimo che noi rifiutiamo. Gli enti appaltanti devono riconoscere, insieme al monte ore totale per ciascun utente che seguiamo e per ogni ora dei servizi assegnati, anche il 100% della nostra dignità professionale. Dal momento che i comuni sono stati messi di fronte ad una possibilità e non ad un obbligo, in queste settimane si è creata una grande disomogeneità di reddito per i lavoratori e di servizi erogati per gli utenti, a seconda delle scelte dei Comuni italiani e delle Città Metropolitane, che adottano ogni volta disposizioni differenti tra loro. Siamo disponibili a svolgere, ove possibile, il nostro lavoro a distanza e chiediamo di investire le ore di non frontalità, che non riusciamo a fare, in corsi di formazione, in ore di programmazione e di confronto con i Servizi, e per questo crediamo sia necessario agire a livello governativo affinché diventi un obbligo per tutti gli enti gestori l’erogazione totale delle ore che si sarebbero svolte in una situazione di normalità senza differenziazioni e senza lasciare spazi ad altre interpretazioni” continuano educatori ed educatrici.

“Inoltre, il Decreto, ad un’analisi approfondita, all’art. 48, sin dalla prima riga del primo comma, fa riferimento ai “servizi educativi e scolastici, di cui all’art 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65”. Quel Decreto Legislativo riguarda l’Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”, cioè la scuola materna, e si occupa anche dell’integrazione scolastica, ma – ovviamente – solo in relazione a quel livello scolastico. Per effetto di quell’errore nella norma, gli enti appaltanti potrebbero rifiutarsi di impiegare i fondi di cui già dispongono per retribuire gli assistenti educativi, eccezion fatta solo per quelli che lavorano nella scuola materna. Ipotizziamo che la norma di riferimento dovesse essere per forza il Decreto Legislativo n. 66 del 13 aprile 2017, riguardante le “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità’”.

 Per cui chiediamo la modifica immediata dell’articolo 48 del Decreto “Cura Italia”: 

– che gli enti siano obbligati a procedere con il pagamento dei servizi educativi ed assistenziali, senza eccezioni.

– che le norme di riferimento siano 65 e 66 del 13 aprile 2017

Siamo consapevoli che la lotta continuerà. La sua buona riuscita dipende, anche, da come avremo la capacità di unirci su un piano nazionale per spingere le nostre rivendicazioni in ogni territorio, in ciascun Comune e che gli esiti dipenderanno moltissimo da come lavoratrici e lavoratori ci organizzeremo nelle Cooperative e nei territori; da come utilizzeremo gli strumenti sindacali, unendoci in organismi territoriali di lotta e di difesa dei diritti, della salute e della dignità, solidarizzando e valorizzando il protagonismo di ciascuna/o e rifiutando le logiche di delega. Per questo co-firmiamo unitariamente questo Comunicato ed invitiamo altre realtà di educatori e altri Sindacati ad unirsi a noi” concludono gli educatori.