Signor Presidente, onorevoli colleghi, ora proviamo a descrivere quello che è stato questo evento per il territorio del Comune di Ravenna.

Abbiamo anche alcune immagini video che raccontano con riprese dall’alto il danno e la violenza con cui questa alluvione si è abbattuta sulla nostra comunità: circa 60 chilometri quadrati, il 10% della superficie comunale.

Ma il Comune di Ravenna è il secondo comune più grande d’Italia, quindi sarebbe un terzo del Comune di Bologna e di quello di Milano.

Gli allagamenti hanno coinvolto 3000 edifici, 900 imprese, 4200 cittadini, 37 allevamenti e complessivamente, avendo attuato un meccanismo di evacuazione preventiva, cioè non avendo aspettato che arrivasse l’acqua per evacuare, sono state evacuate 32.000 persone nel nostro Comune, in centri creati ad hoc. Abbiamo trasformato cinema, musei, ogni luogo che era possibile, per accogliere in maniera dignitosa le persone che dovevano abbandonare il proprio domicilio, con una rete di solidarietà veramente straordinaria.

La dinamica di questa alluvione è stata abbastanza chiara: ci sono state piogge mai conosciute e mai viste prima nelle nostre colline che hanno prodotto – credo che lo abbia potuto vedere nel comune di Modigliana questa mattina – frane e disastri incredibili per quelle comunità, che già vivono il fenomeno dello spopolamento.

Quest’acqua è scesa a grandissima velocità, ha distrutto gli argini di quasi tutti i fiumi della Romagna nelle città vicine alla via Emilia, quindi Faenza, Cesena, Forlì. Ma nel nostro territorio anche Sant’Agata e Castel Bolognese. E in quei territori le città sono cosparse di fango. Sono stati distrutti i beni più cari delle persone, con una difficoltà in questi giorni a rimettere in funzione quelle comunità molto, molto alta.

Poi quest’acqua ha iniziato a scendere, a scendere con grande velocità. C’erano state le piogge del 3 maggio, il terreno non assorbiva quasi niente e questa enorme quantità d’acqua ha allagato tutta la pianura della provincia di Ravenna.

Ci sono interi comuni che sono stati attraversati completamente dall’acqua e quest’acqua marciava sulla città. Una città che soffre di subsidenza da migliaia di anni, quindi è molto più bassa rispetto al livello del piano di campagna e quindi sarebbe stata completamente allagata dall’acqua. E quindi questi numeri drammatici: si poteva arrivare a coinvolgere 100/150.000 persone, la quasi totalità era a rischio. Nel nostro piano di Protezione civile il 100% del territorio è potenzialmente alluvionabile.

E allora avevamo una giornata presidente, avevamo una giornata di tempo.

C’era già qui la Protezione civile regionale, è arrivata anche la Protezione civile nazionale.

Ringrazio l’ingegner D’Angelo che è stato con noi in un momento molto difficile, anche dal punto di vista psicologico. Abbiamo messo in campo tutte le azioni possibili e immaginabili per evitare che la città finisse completamente sott’acqua. C’è stato un lavoro di squadra incredibile. Si sono ricostruiti argini con operai e ditte che sono andati a lavorare in contesti difficilissimi. I dipendenti dei consorzi di bonifica che sono riusciti a regimentare i canali e a farli circolare con flussi d’acqua che erano impensabili. L’acqua è tornata a poter circolare sui fiumi che avevano rotto.

Sono arrivate quindi pompe idrovore, prima da tutta Italia e poi da tutta Europa.

Abbiamo nella sala consiliare le bandiere del Canada e del Regno Unito, per il sacrificio che fecero durante la seconda guerra mondiale. Dopo tanti anni abbiamo di nuovo avuto bisogno in maniera molto diversa e in questo comune e in questa provincia ci saranno anche le bandiere della Slovenia, della Slovacchia, del Belgio e della Francia. Perché noi non dimentichiamo chi ci aiuta.

E grazie a questo sforzo e all’inversione del Cavo napoleonico in provincia di Ferrara noi siamo riusciti a deviare le acque con un lavoro veramente straordinario.

L’acqua è corsa per i canali. Purtroppo ha colpito molte zone ma è stata deviata fuori dalla città dopo aver fatto danni veramente immensi.

Le persone che sono qui in quelle ore, chi azionando un canale, chi facendo evacuare una persona fragile, chi aprendo un centro di accoglienza, chi pattugliando una strada, hanno lavorato giorno e notte e non hanno dormito per cinque giorni.

Fossero funzionari dello Stato, fossero dipendenti del Comune, fossero volontari, hanno dato tutto quello che avevano.

Ma io credo che se gli avessimo chiesto che cosa volete in cambio di questo sacrificio, avrebbero chiesto il bene della loro comunità e un grazie da parte sua; non avrebbero potuto desiderare nulla di meglio che la salvezza dei nostri concittadini e poi la sua presenza qui, ha la forma, di riconoscimento da parte della Repubblica per un volontario o per chi ha una funzione pubblica, non c’è niente di meglio e nulla di più.

Ciò che si è salvato è stato grazie a generazioni di persone che in passato hanno realizzato opere straordinarie in questo territorio.

Una la vede anche in questa sala, il cardinale Alberoni, a cui è dedicato il primo busto in alto a destra e che deviò due fiumi che circondavano la città e che avevano fatto storicamente danni incredibili nel 1700, quando il palazzo della Prefettura, invece di avere il sapiente governo del prefetto, aveva quello delegato pontificio.

Lo hanno fatto gli uomini e le donne della bonifica; le Cab che in questi giorni hanno accettato

di far allagare i loro terreni sono i nipoti di quelle persone che, con una carriola di legno legata alla schiena, creavano i canali, gli argini e a cui lei ha anche tributato il suo saluto qualche mese fa, qui, presso il teatro Alighieri. È stato per le opere idrauliche lungo tutto il Po e una storia importante di opere.

E noi in questi giorni, oltre a chiedere gli indennizzi, ovviamente per chi è stato colpito, chiediamo anche che a fronte delle nuove sfide dei cambiamenti climatici, quelle opere vengano realizzate anche quelle del nostro tempo, per proteggere le persone

Leggo una cosa sola che dà il senso di questa storia.

Questa è una pubblicazione di Luciano Cavalcoli, che è stato presidente della Camera di Commercio di Ravenna a cui dobbiamo tanto.

Avvenne ciò il maggio dell’anno 1636, dopo una dirottissima pioggia di due giorni continui 26 e 27 del mese per lo chè alzatesi a dismisura le acque dei fiumi, e vieppiù gonfie da quelle, che giù dagli Appennini nel loro seno rapidamente scendevano, non potendo pe li contrari gagliardissimi venti avere in mare felicemente lo sbocco, ma all’in su con violenza respinte, fu forza che le Mura della Città, all’urto degli impetuosissimi flutti cedessero.

Nè poteva diversamente accadere imperciocchè le acque del Montone, superati avendo e squarciati gli argini sul Mulin vecchio, corsero a meschiarsi con quelle del Ronco, e tal ne fu l’alzamento, e il peso loro, che si apersero larghissimo il varco, per ove corsero voracissime ad inondarla.

In poche ore pertanto della notte del dì 28, videsi la Città tutta allagata, ed era un orrendo spettacolo mirare sì compassionevole ruina e l’udirne i lamenti, le strida di quei miseri Popoli, ridotti a vedere il naufragio delle loro sostanze, e a temerne imminente quello ancor della vita.

Questa era l’alluvione del 1636 di Ravenna. Ne seguirono altre sei nel Seicento, prima della realizzazione dei Fiumi uniti.

La nostra, come poi scrive Cavalcoli in un altro passaggio, è una città che conduce una guerra contro le acque da moltissimi secoli, che ha mietuto tante vittime, ha fatto tanti disastri.

 Prima ancora delle invasioni barbariche, Ravenna era circondata da paludi, tant’è che ciò le valse essere scelta dal pavido Onorio come sede della sua corte. In quelle paludi spagliavano le acque che scendevano

precipitose dagli Appennini, trascinando con sé quanto potevano strappar dalle rive. E quando la parte occidentale della palude ravennate fu naturalmente bonificata, si dovette provvedere a dare un corso

ai fiumi fino al mare, che non volle accettare le loro sabbie e le rigettò a riva.

Così si crearono le spiagge ravennati finché i fiumi poterono rapinar le rive. Poi l’uomo intervenne.

Allora presidente, anche rinfrancato dalla sua presenza, qui oggi non ci faremo prendere dallo sconforto non accetteremo questo destino ricorrente di Ravenna di combattere con le acque, ma diciamo con tutta la nostra forza, con tutto il nostro impegno saremo all’altezza di quegli uomini che sono intervenuti per fare quelle opere e realizzeremo le opere per dare un futuro alla nostra comunità.

Grazie di cuore.”