Alberto Ancarani, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, difende l’operato delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria che ha portato alla condanna di tre appartenenti alla Rete Antifascista colpevoli di aver realizzato un murales non autorizzato per coprire svastiche e croci celtiche in un muro davanti ad una scuola in via Bandini. Già in un intervento in consiglio comunale, Ancarani aveva condannato l’episodio:

«Un Giudice del Tribunale di Ravenna ha fatto il suo mestiere, cioè giustizia. Certo, non per una vicenda su cui non dormire la notte, ma su un fatto che la legge punisce come reato e sul quale dunque chi è incaricato di farla rispettare non può voltarsi dall’altra parte.

Ha stabilito, questo GUP, che se deturpi con bombolette spray un bene pubblico o privato commetti un reato qualunque sia la tua pseudo modalità artistica per deturparlo. E se anche altri lo hanno deturpato prima di te, tu non sei esente da responsabilità se modifichi il tipo di imbrattamento.

Fin qui il tema tecnico-giuridico e il commento conseguente che ne può scaturire.

Dopodichè, però, c’è il tema politico, su cui il Giudice non ha alcuna responsabilità, e che anzi va ringraziato per non esserne stato scalfito.

Ovvero la presunzione di impunità che alberga in chi, in nome del cosiddetto “antifascismo” al cui “partito morale” chi scrive aderisce convintamente, commette reati usando le stesse modalità “fasciste”.

In queste ore si leggono allucinanti dichiarazioni, l’ANPI ne è l’esempio più scandaloso, nelle quali la tesi è “non si condanna l’antifascismo!”.
E perché mai, se l’antifascismo, si comporta come i fascisti non dovrebbe essere condannato?

Coloro che si definiscono pelosamente “garanti della Costituzione nata dalla Resistenza” ritengono evidentemente che uno stato di diritto debba punire le persone non in base a ciò che la legge punisce come reato secondo il principio di legalità, ma in base a quale tessera di partito (o di “associazione”…) tengono in tasca e non hanno neppure il pudore di tenere queste affermazioni nel chiuso delle loro stanze, ma le rendono note sperando che noi non si colga il punto.

Ovvero che costoro si professano sì antifascisti, ma non riescono ad essere antitotalitari. Ce l’hanno nel DNA.

Come autore del Question Time che sollevò la questione in consiglio comunale, desidero dunque ringraziare il Comandante della Polizia Locale Giacomini e il Vicesindaco Fusignani per aver dato seguito alla comunicazione della notizia di reato.

Nonostante il Vicesindaco governi la città con gli eredi del PCI gli va riconosciuta almeno la laica capacità di non aver guardato in faccia a nessuno».