In questa sorte di pensiero unico, miscuglio di covid, cronache gialle/nere e comunicazioni di regime, possono passare sotto silenzio anche gli studi rigorosi, elaborati tecnicamente in campo nazionale, da cui discendono dati oggettivi importanti per conoscere e misurare le condizioni di vita e di progresso della città in cui si abita.

Il 6 novembre scorso è stata pubblicata da Legambiente (associazione non sospettabile di fake news eversive) la graduatoria dell’“Ecosistema Urbano 2020”, elaborata sulla base di 19 parametri di valutazione della salute ambientale nei capoluoghi di provincia italiani (https://lab24.ilsole24ore.com/ecosistema-urbano/). Su 104, Ravenna è stata classificata al 51° posto, col punteggio del 54,51%, rispetto a quello massimo di 79,98% conseguito da Trento. Forlì, tanto per dire dei cugini, è al 12°, col 67,62%.

Siccome l’anno in corso è l’ultimo dell’attuale quinquennio di governo della storica maggioranza di sinistra, la considerazione più impietosa che se ne ricava è il raffronto col 2016 di partenza, quando fummo al 13° posto col 61,57%, galleggiando poi tra il 53% e il 55% nei tre anni successivi.

Il passo del gambero sarebbe stato clamoroso se gli unici piazzamenti parziali con cui Ravenna si è classificata tra le prime venti città non fossero stati: il 5° posto per le piste ciclabili, 26 metri quadrati per abitante, ottenuto spacciando per buone le molte fuori norma, a malapena tracciate per terra e senza alcuna protezione, o scassate, o dirette da nessuna parte (di qui, come vedremo, anche l’alto tasso di motorizzazione); e il 6° posto per gli alberi, 37 ogni cento abitanti, che, diversamente dal verde urbano per il quale siamo al 25°(nostra terza migliore posizione), si avvale soprattutto di dotazioni storiche, come le pinete piantate dai nostri antenati.

Nella parte opposta della classifica, oltre la metà e verso i bassifondi, il nostro Comune sta dove si respira peggio (53° posto per l’ozono e 67° per le micidiali polveri PM10); dove l’offerta del trasporto pubblico è più scadente (66°), dunque pessimo il tasso di motorizzazione (85°) e da ecatombe il tasso degli incidenti stradali (81°); dove, viceversa da un virtuoso trattamento dei rifiuti che è sinonimo di civiltà, la raccolta differenziata zoppica col rallentatore (60°) e la massa dei rifiuti generata, compresi quelli nocivi e pericolosi da record, è da pattumiera d’Italia (103°).

Il sottoscritto, capogruppo della Lista che più si è battuta in tutte le circostanze e le sedi, giudiziarie comprese, contro la cementificazione del territorio vergine, con alcuni successi (a beneficio, per esempio, delle campagne tra Ravenna e Porto Fuori), tuttavia largamente insufficienti, punta però il dito sull’indicatore di malgoverno più atroce, perché insanabile per tutte le generazioni future: il 100° posto nell’uso efficiente del suolo. Meno di due mesi fa, fummo noi a far conoscere come il Comune di Ravenna fosse il peggiore tra i 328 comuni della nostra regione (e questa tra le peggiori d’Italia, mentre si inneggiava alla “rivoluzione verde” in un’“Emilia-Romagna corridoio verde d’Italia”), per quasi 7 mila ettari di terreno consumati nel solo 2019.