Inizia a far discutere il piano di messa in sicurezza del territorio a seguito dell’alluvione che un anno fa devastò la Romagna. In particolare iniziano a suscitare polemiche i progetti di delocalizzazione con i quali la Regione Emilia-Romagna e la struttura commissariale vogliono allontanare i residenti dalle zone a rischio causa frane o eccessiva vicinanza dai corsi d’acqua. Fratelli d’Italia, a Faenza, ha quindi chiesto la convocazione urgente della Commissione Consiliare 3 “Ambiente e Assetto del Territorio”, alla quale viene chiesta la partecipazione della vicepresidente della Regione Irene Priolo, per discutere direttamente con le istituzioni che si occuperanno della ricostruzione le strategie di delocalizzazione e di messa in sicurezza del territorio:

“Si susseguono in questi giorni, in numero sempre più massiccio, le dichiarazioni della Vice Presidente Priolo sul post-alluvione e sul Piano Speciale Preliminare, dichiarazioni rilasciate solo ed esclusivamente a mezzo stampa o via social e fuori da qualsiasi contesto Istituzionale e con un piglio che a tratti sfocia nella protervia” la critica arriva da Stefano Bertozzi, capogruppo di Fratelli d’Italia nel consiglio comunale di Faenza.
Nell’affrontare argomenti dal forte impatto sociale, ambientale, di sicurezza del territorio, l’Assessore con  delega alla transizione ecologica e contrasto al cambiamento climatico, nonché all’ambiente, alla difesa del suolo e protezione civile, è intervenuta – con una superficialità disarmante – parlando di delocalizzazione di imprese e famiglie, di censimento di edifici in un’area di venti metri (20!) di distanza dalle frane,  di trasferimenti “dove sarà impossibile o non sostenibile la messa in sicurezza del versante” lasciando intendere che il non sostenibile verrà valutato semplicemente in un’ottica di costi benefici”.
“Queste dichiarazioni trovano fondamento a suo dire nel Piano Speciale Preliminare, disciplinato da una norma nazionale (Ordinanza n. 24/2024 del Commissario Straordinario alla ricostruzione), redatto dall’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po nell’ambito di un gruppo di lavoro del quale sono parte determinante la Regione stessa e tre agenzie regionali, in particolare “l’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile dell’Emilia-Romagna”, “l’Agenzia regionale prevenzione, ambiente ed energia dell’Emilia-Romagna” e “l’Agenzia Territoriale dell’Emilia-Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti”.
I lavori del gruppo tecnico sono coordinati e diretti dalla struttura commissariale, ma elemento molto interessante è che i cosiddetti quadri esigenziali (l’individuazione cioè delle aree prioritarie di intervento ed urgenza in sostanza) sono stati indicati dalla norma tra i compiti  del sub-commissario alla ricostruzione, che per inciso coincide con il Presidente Bonaccini, nonché candidato alle Elezioni Europee, il quale avrebbe dovuto coordinarsi con gli Enti e con le Autorità competenti, in armonia con gli indirizzi di pianificazione territoriale, proprio per individuare le aree di cui si è detto.
Bene, come sono stati individuati i “quadri esigenziali”? Attraverso una serie di incontri riguardanti “il reticolo idrografico principale, secondario collinare e montano nonché secondario di pianura”, che per quanto riguarda i fiumi del nostro territorio si sono tenuti e sono stati organizzati dall’Agenzia Regionale Sicurezza Territoriale e Protezione Civile in tre distinte date: 7 e 13 febbraio per il fiume Senio, 20 febbraio per il fiume Lamone.
In termini operativi gli incontri si sono svolti analizzando inizialmente i PAI attualmente vigenti, in ambiente GIS, al fine di identificare le criticità idrauliche a suo tempo rilevate ed il relativo assetto di progetto del corso d’acqua previsto.
In buona sostanza il fantomatico Piano Speciale, che stando alle dichiarazioni dei nostri Amministratori locali pare partorito dalla mente fervida del Commissario Straordinario senza alcun coinvolgimento da parte loro e chiaramente in ritardo rispetto ad ogni previsione e necessità,  è in realtà uno strumento in cui la Regione e le sue Agenzie hanno svolto un ruolo preminente, che parte da strumenti di pianificazione esistenti (i PAI) e che per quanto ci è dato sapere ha visto un grande assente: i Comuni e le comunità locali colpite dall’alluvione.
La Regione sta disegnando sulle teste dei nostri cittadini il futuro assetto del territorio senza che i Comuni alluvionati vengano coinvolti, il quadro esigenziale è stato redatto senza l’intervento dei Sindaci, nemmeno in fase consultiva, o se i Sindaci sono stati coinvolti noi Consiglieri non siamo stati minimamente informati, e questo sarebbe fatto estremamente grave.
Diverse domande sorgono pertanto spontanee: Sindaci siete stati sentiti in fase di preparazione del piano preliminare? Se non è successo perché non avete protestato energicamente chiedendo il nostro appoggio politico nel nome dell’interesse comune? Se vi hanno chiesto, perché non avete segnalato situazioni di emergenza come via Casale, o l’area destra Senio nel tratto Castel Bolognese-Riolo Terme o ancora la situazione della confluenza Marzeno-Lamone?
È per questa ragione che ho richiesto, con l’appoggio di tutte le forze di opposizione, la convocazione urgente di una Commissione Consiliare ad hoc dove venga invitata la Vice Presdiente Priolo e l’Agenzia Regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile. 
Dopo le lacune, le mancanze, i mancati interventi di questi soggetti nel decennio passato oggi si sta ridisegnando l’assetto idraulico ed idrogeologico delle nostre città e delle nostre periferie e si lasciano fuori i Comuni e i cittadini coinvolti.
La Regione deve venire a riferire e l’Amministrazione Comunale di Faenza deve pretenderlo, si parla del nostro futuro e della sicurezza del territorio”.