Dal resoconto dell’ufficio Stampa del sindaco si legge che martedì scorso il consiglio “ha autorizzato il rilascio in deroga del titolo edilizio per consentire la realizzazione di una scuola per formazione professionale nel complesso rurale esistente nell’area ex Marani” e che “il gruppo Lista per Ravenna, pur apprezzando l’iniziativa legata alla formazione professionale in un ambito in cui si registra una forte richiesta, si è dichiarato contrario per la questione legata all’ex azienda agricola Marani e al suo fallimento. Per questo non ha partecipato al voto estraendo il badge”. Con questo gesto, la lista civica ha inteso che non passasse sotto indegno silenzio i fatti disonorevoli di governo della cosa pubblica che sono stati alla base del provvedimento.
Basta ricordare alla stampa, con le seguenti trascrizioni, quello di cui, nei primi giorni di agosto 2015, diede notizia il medesimo ufficio Stampa del sindaco, dopo che il consiglio comunale aveva approvato, col voto contrario di Lista per Ravenna, la vendita di terreni agricoli di proprietà comunale affittati all’azienda agraria sperimentale Mario Marani di via Romea Nord 248.

  • Secondo l’assessore alle Attività produttive: “La Marani, ente morale di diritto pubblico istituito nel 1928, gestita dalla Regione e partecipata anche dal Comune, per motivi di risanamento aziendale ha intenzione di vendere parte degli immobili di cui è proprietaria (in totale possiede 9 ettari di terreno, una casa colonica e due capannoni agricoli). Per facilitare la dismissione di detti immobili, conseguendone la massima realizzazione, ha chiesto al Comune se possa essere interessato alla vendita dei propri terreni, 42 ettari, sulla Romea, così da poter effettuare una vendita congiunta attraverso un unico bando, che verrà pubblicato in agosto…L’auspicio è quello di mettere poi in campo azioni che consentano alla Marani di ampliare il proprio raggio d’azione; ad esempio, con la trasformazione in Fondazione, potrebbe lavorare anche con privati”.
  • Secondo Alvaro Ancisi: “La causa prima all’origine del disavanzo della Marani risiede nella scelta della Regione, che, quando ha acquisito l’azienda come era stata costituita dal regime fascista, non si è posta il problema di trasformarla da ente di diritto pubblico in soggetto di diritto privato, assumendo così la veste di ricercatore scientifico in campo agricolo, che non è propria della politica, ma dell’iniziativa privata, anche attraverso la collaborazione con l’Università: il servizio pubblico dovrebbe sostenerla e incoraggiarla, o al massimo indirizzarla e controllarne l’esercizio. Ne è seguita una gestione fallimentare, condizionata da questo vizio d’origine. La soluzione ora prospettata chiama pesantemente in causa il Comune, che per soccorrere la Marani decide di vendere all’asta un proprio pregevole terreno agricolo molto vasto, peraltro finora affittato alla stessa Marani a un prezzo simbolico, elemento che incrementa ulteriormente il nostro giudizio negativo. Il risultato prevedibile è che tutti questi terreni, solo in piccola parte posseduti dalla Marani, finiscano, venduti in blocco, nelle mani della cooperativa confinante, ingenerando la legittima preoccupazione che l’obiettivo politico non dichiarato sia questo. Del resto il buco nei conti della Marani è intorno appena a 300 mila euro, che la Regione, impropria ‘padrona’ della Marani, avrebbe potuto ben risolvere con altri strumenti che non fossero una molto discutibile operazione immobiliare, in cui il Comune di Ravenna è stato chiamato in causa, quasi obbedendo ad un ‘ordine’ politico calato dall’alto, in funzione di ‘soccorso rosso’ ”.
    Al sindaco pongo dunque ora le seguenti ineludibili domande: 1) quale impresa ha comprato i 42 ettari di pregiato terreno agricolo sulla Romea Nord di proprietà del Comune di Ravenna, su un totale di 46 dell’intera azienda Marani, con quali altre imprese ci sia stata (oppure no) concorrenza e a quale prezzo peggiorativo rispetto alla base d’asta di 1,6 milioni; 2) che risultato ha avuto il “soccorso rosso” prestato all’azienda Marani, prima con l’affitto a prezzo simbolico di tale terreno, poi con la sua vendita inopportuna, dato che a Ravenna, già in un comunicato stampa del 4 ottobre 2017, si era letto (nulla di più) di un’“ex azienda agricola sperimentale Mario Marani”; 3) come giudica il suddetto fallimento di un’azienda pubblica, creata dallo Stato fascista, passata a quello repubblicano e infine alla Regione Emilia-Romagna, con la partecipazione del Comune di Ravenna, che per molta parte di una storia quasi centenaria, è stata fiore all’occhiello di questa città.