Le torri Hamon della Sarom verranno tirate giù? Lo abbiamo imparato mercoledì dal Sindaco. Non è stata una novità, sinceramente, e neanche un fulmine al ciel sereno, apprendere che ENI le voleva distruggere. E nemmeno, a dire la verità, può dirsi una scoperta inaudita il fatto che questo proposito trovi la complicità dell’Autorità Portuale. Sono 20 anni che ENI cerca di fare sparire le torri Hamon e da altrettanto tempo il Presidente volta a volta insediato al vertice dell’Ente Porto presenta progetti preordinati a giustificarne l’annichilimento. All’epoca era Giuseppe Parrello a fare da sponda ai desideri di abbattimento covati dal cane a sei zampe presentando la spianatura come indispensabile nell’ambito di un ambizioso progetto per la realizzazione di una Cittadella della Nautica. Ora è invece Daniele Rossi a fornire lo spunto al colosso di Metanopoli con l’ipotesi ben più modesta di una distesa di pannelli solari. Quello che è cambiato in questi 20 anni è il ruolo dell’Amministrazione Comunale. Nonostante l’influenza esercitata dalla multinazionale dell’Energia sulle politiche comunali, sia l’Amministrazione Mercatali che quella Matteucci ebbero il coraggio di porre il veto sull’eradicazione delle torri. Era stato chiarissimo in proposito l’Assessore all’Urbanistica, architetto Fabio Poggioli: «I lavori dovranno partire “dal Dna dei luoghi”. Un “codice genetico” rappresentato anche dalle torri Hamon che caratterizzano il paesaggio di Ravenna».

ENI vuole liberarsi delle torri semplicemente perché mantenerle in piedi rappresenterebbe un costo. Che non ha mai voluto affrontare. Ed infatti nella Comunicazione di Inizio Lavori confessa che «l’intervento di demolizione si rende necessario e non rimandabile anche per ragioni di sicurezza, vista la vetustà e lo stato di conservazione delle torri che risultano interessate da fenomeni di disgregazione con possibile caduta di calcinacci, fenomeno ben visibile e già in essere». I calcinacci non cadono per semplice fisica gravitazionale. Occorre evitare di prendersi cura per anni e anni della conservazione delle torri prima che i materiali di costruzione si trasformino in calcinacci in caduta libera. Il Sindaco attuale, a differenza dei suoi predecessori, si limita a prendere atto dell’ineluttabilità dell’annientamento. Anzi, non nasconde una certa qual soddisfazione, nel sentenziare: «Le torri Hamon rappresentano inequivocabilmente un pezzo di storia del passato industriale di Ravenna ed è sicuramente d’effetto e in un certo senso emblematico che in una zona dove ieri c’era un grande stabilimento di raffinazione di idrocarburi, oggi nasca un grande polo per la produzione di energie rinnovabili». Punto. Senza manifestare, non diciamo opposizione, ma almeno stupore per la mancata attività di conservazione da parte della proprietà.

Eppure, ci ricorda Italia Nostra (mai abbastanza ringraziata per il ruolo di presidio che continua a svolgere), la Soprintendenza di Ravenna dieci anni fa le definiva così: «La loro presenza va a caratterizzare lo sky-line della città vista dalla stazione verso il mare e verso le aree d’espansione industriale degli anni Cinquanta e nell’insieme gli stessi manufatti vanno definire un’idea di paesaggio. Le torri hanno inoltre valore plastico e scultoreo che bene si adatterebbe ad ospitare allestimenti d’arte, anche nel loro suggestivo interno illuminato dall’alto, caratterizzante quindi le stesse previsioni di piano per la localizzazione sulle sponde destra del “Parco delle Arti».

Eppure, ricordiamo noi, il Regolamento di Polizia Urbana voluto espressamente dall’Amministrazione de Pascale è inequivoco all’articolo 7: «Fatte salve le norme del codice penale ovvero previste da leggi e regolamenti in materia, i proprietari, ovvero i detentori a qualsiasi titolo con doveri di custodia, hanno l’obbligo di mantenere in condizioni decorose gli edifici, i fabbricati […]. Il Sindaco ha facoltà di provvedere a far eseguire direttamente le opere necessarie quando l’ordinanza con cui dispone gli interventi del caso non sia stata ottemperata». Dunque ENI doveva provvedere al mantenimento delle torri ed il Sindaco avrebbe dovuto a sua volta imporglielo. In mancanza di ottemperanza l’Amministrazione Comunale avrebbe dovuto direttamente farsi carico degli interventi, ovviamente ponendo i costi a carico di ENI. La disposizione prevede inoltre una sanzione in caso di inosservanza.

Ravenna in Comune ringrazia Italia Nostra per l’invio di «richiesta urgente alla Soprintendenza di Ravenna affinché esprima un parere su questo scellerato progetto di demolizione che assesta un nuovo gravissimo colpo ad una riqualificazione del porto ex industriale di respiro europeo e degna di una città, e chiede verifica sia sulla possibilità di dichiarazione dell’interesse culturale che della sussistenza del vincolo ope legis. La richiesta è stata inviata in conoscenza anche alla Procura di Ravenna. Invia inoltre richiesta al Comune di Ravenna circa le presunte condizioni critiche dei manufatti». Ci uniamo inoltre all’Associazione nella domanda di seguito posta: «Cosa disturba la coesistenza di un banale per quanto esteso impianto fotovoltaico con le torri? E tutti gli ettari di bosco che si sono formati attorno alle torri in questi anni di abbandono?». La risposta, in realtà, l’abbiamo già anticipata all’inizio di questo scritto ma abbiano il coraggio di esporla a voce alta. «Fuorilegge la demolizione?» si chiede Italia Nostra. Probabilmente. Fuori di testa, sicuramente!”

Ravenna in Comune